mercoledì 31 dicembre 2008

Inchiesta Total, scarcerati gli indagati

Ma restano le accuse di corruzione
POTENZA - Sono stati scarcerati gli indagati della cosiddetta inchiesta Total, condotta dal pm Henry John Woodcock L'ordinanza che contiene la decisione del Tribunale del Riesame di Potenza sui ricorsi è stata depositata alle 14. I giudici hanno confermato l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma hanno disposto la scarcerazione dell'imprenditore Francesco Ferrara (al centro dell'inchiesta), dell'amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, e degli altri funzionari della compagnia petrolifera francese, perché non sussistono più le esigenze cautelari. LE ACCUSE - I giudici Luigi Spina, Antonio Cantillo e Lucia Gesummaria spiegano che l'impianto accusatorio, così come è stato impostato nell'ordinanza del gip Rocco Pavese, è da annullare nel capo "A", quello che contiene l'accusa di associazione a delinquere. Restano in piedi le accuse di corruzione e turbativa d'asta.

BUON ANNO

Auguri a chi ama dormire ma si sveglia sempre di buon umore, a chi saluta ancora con un bacio, a chi lavora molto e si diverte di più, a chi arriva in ritardo ma non cerca scuse, a chi si alza presto per aiutare un amico, a chi ha l'entusiasmo di un bimbo e i pensieri di un uomo, a chi spegne la televisione per fare due chiacchiere, a chi vede nero solo quando è buio, a chi non aspetta il nuovo anno per essere migliore! a chi legge questo blog capendone i limiti e la buona fede. Un Augurio grande!!!

martedì 30 dicembre 2008

De Filippo va in procura per difendere l’immagine della regione. I Lucani chiedono di votare per difendersi da De Filippo

Il presidente De Filippo si presenta in procura per inoltrare una denuncia contro tutti in difesa della sua ’immagine e della regione , c’è l’ha soprattutto con i giornalisti , rei di aver raccontato storie di appalti e cocaina . A dir la verità a noi interessa poco se il presidente faccia uso o meno di cocaina , sono cose talmente private che le derubrichiamo queste tra le notizie del Gossip regionale. Ci preoccupa invece riscontrare che il nostro presidente sia un bugiardo ( visto che ha negato di conoscere Ferrara) , sia reticente (aspettiamo da un anno e mezzo una risposta su un interrogazione su Marinagri) che sia un giocherellone , (telefona facendosi passare per il suo segretario), ma soprattutto non sia riuscito a dare delle risposte politiche alle accuse circostanziate che sono state alla base delle dimissioni da Assessore del consigliere Follino , che hanno determinato l’attuale crisi politica , tra l'altro riguardava anche la gestione fatta dalla sua giunta sull’accordo Total in Basilicata al centro delle indagini di Potenza. La stessa composizione della nuova giunta è degna della miglior operetta italiana , quella che non fa ridere , ma quella drammatica deprimente. Noi ci chiediamo come possiamo difenderci da De Filippo per difendere la basilicata , consapevoli che non serve un contro esposto alla procura , non ci resta che chiedere il voto.
( il comitato Il Fruttivendolo di Lopatriello Presidente)

lunedì 29 dicembre 2008

Presidente: Yes na can.......

Di Nino Magro
Questo ci mancava, ma non ne avvertivamo il bisogno e, in ultima analisi, eravamo convinti non si potesse arrivare a tanto. Gli uffici regionali, sino alla Presidenza della Giunta, sarebbero il luogo di frequentazione e scambio di sostanze stupefacenti. Non lo dicono più solo le ricorrenti voci di corridoio, adesso ne parlano atti giudiziari finiti alla commissione per le autorizzazioni a procedere del Parlamento italiano. Nessun commento esplicito, nessun diniego dagli inquilini dei palazzi regionali. Certo che in questi giorni i fatti da commentare e le accuse da cui difendersi piovono un po’ da tutte le direzioni. Comunque la questione stupefacenti ed in particolare la diffusione e l’uso della cocaina è un argomento che attraversa la storia giudiziaria della Basilicata negli ultimi vent’anni. Una sorta di pudore o, forse, di preoccupazioni irriferibili rende l’argomento sempre sfuggente e nebuloso. Già nell’irrisolto omicidio di Luca e Marirosa, emergevano testimonianze plurime e concordanti sull’esistenza di un “giro” di colletti bianchi dediti al consumo di cocaina ed a pratiche così imbarazzanti da giustificare un giro di ricatti che perdurano a distanza di oltre vent’anni. Durante la presentazione di un libro a Bernalda il 27 novembre 2008, il colonnello dei carabinieri Salvino Paternò è stato chiarissimo. Le prove testimoniali erano molteplici e concordanti, magistrati, avvocati e imprenditori coinvolti nel “giro” e consumatori abituali di sostanze stupefacenti erano stati in dividuati e persino indagati dalla Procura di Salerno. Il procedimento si concluse con una archiviazione di cui non è dato conoscere con certezza le motivazioni. Si dice si siano orientati così perché "il fatto non costituiva reato" essendo l’uso personale di droga una pratica disdicevole ma non perseguibile. Chissà. Ma non sarebbe utile sapere che il tale magistrato è un consumatore di cocaina insieme con il tal’altro avvocato e con questo o quel noto frequentatore delle patrie galere? Non foss’altro perché, quando i tre fossero parti in un medesimo processo si potesse valutarne opportunamente la terzietà? Il governatore Vito De Filippo nel suo recente intervento in Consiglio Regionale (18.12.2008) rivendica una sorta di autorevolezza e persino un orgoglio degni di migliori e diversi contesti. Soprattutto sarebbe il caso di provare un po’ di vergogna. Le parole del principale indagato intercettato nell’inchiesta sulle tangenti Total, Rocco Francesco Ferrara sono durissime in quanto egli indica gli uffici regionali come luoghi dove avviene un’attività di cessione di sostanze stupefacenti: "…Gli ho detto di riferire agli amici che stanno là di preoccuparsi di quelli che so io che gli portano la cocaina in ufficio… perché se pensano a tutte le porcherie che fanno, i furti e i latrocini che fanno, penso che non avrebbero avuto nulla di cui vergognarsi". In sostanza Ferrara, già arrestato per traffico di sostanze stupefacenti, evidenzia i pericoli derivanti dalla frequentazione abituale di gente poco rispettabile che, a suo dire, consegnerebbero cocaina negli uffici regionali. Autorevolezza zero, credibilità zero. Siamo ai minimi termini, il re è nudo, solo e come dice sempre Ferrara "viene a nevicare". Uno dei natali più tristi degli ultimi vent’anni.(il resto)

All’inferno e ritorno 1° parte

Dott.Carlo Gaudiano
Nei giorni in cui la Cristianità festeggia l’evento più rivoluzionario per l’intera umanità mi sembra opportuno raccontare la mia esperienza di medico a favore dei dannati moderni. Lo faccio non per commuovere ma per indignare coloro i quali credono che il mondo inizi e termini nel piccolissimo ambito terreno in cui è racchiuso il loro egoismo, “malattia” diffusissima nel mondo occidentale. Dedico queste riflessioni a chi si sente o vorrebbe essere buonista solo nei giorni del Santo Natale. Vorrei “trafiggere” la coscienza di chi, una moltitudine, sfrutta a vario modo la tragedia del mondo moderno: la migrazione di gente verso un miraggio .
Per dieci giorni ho operato a Lampedusa come operatore sanitario della protezione civile tramite l’Ordine dei Cavalieri di Malta che gestiva un progetto di accoglienza sanitaria in mare degli immigrati. Il progetto iniziato ad Aprile si è concluso il 31 ottobre dell’anno in corso.
Senza voler parafrasare il famoso film, sulla seconda guerra mondiale, “All’Inferno e Ritorno”,in quei giorni mi è sembrato di sprofondare nei più bassi degli inferi, per poi, ritornare alla “civiltà” di tutti i giorni. I “dannati” nella stragrande maggioranza, erano giovani tra i 20 e 30 anni che, per sfuggire alla miseria, alla guerra, alla persecuzione politica, alla sanità inesistente, intraprendono lunghissimi viaggi, spesso senza ritorno, per raggiungere, attraverso l’Italia, la terra dell’apparente bengodi. Viaggi avventurosi intrapresi su sgangherati mezzi di fortuna attraversando per migliaia di chilometri strade impervie e pericolose anche per la presenza di bande armate pronte a depredarli e massacrarli. Così in questa discesa negli inferi ho conosciuto giovani provenienti da Somalia, Eritrea, Ghana, Sudan, Nigeria, Egitto, Palestina, Iran, Iraq, tutti con la speranza di aver attraversare il” mar rosso”, per giungere nella” terra promessa”. La tappa finale in terra africana, generalmente, presuppone un bivacco sulle coste libiche, in attesa di partire per superare il Canale di Sicilia, braccio di mare che separa l’umanità tra chi muore in tenera età per mancanza di cibo e chi muore, per gli effetti sulle arterie, dell’abbondanza di cibo, tra chi non conosce alcuna libertà e chi ne fa un uso sfrenato della stessa fino ad arrivare al libertinaggio, tra chi muore per mancanza dei più banali farmaci e chi si può permettere di sostituire uno o più organi ormai “esauriti” con organi nuovi di “zecca”, dove i “donatori” in alcune circostanze sono gli stessi “dannati”, tra chi sopravvive con pochi euro al mese a costo di sacrifici e sfruttamento e chi in pochi minuti senza alcuna fatica e sacrificio guadagna quanto guadagnerebbe in una intera vita un “dannato”, tra chi muore per le bombe, per colpi d’arma da fuoco, per mine antiuomo e chi quelle armi le produce con enormi profitti. E’ proprio sulle coste della Libia, nei giorni di attesa per l’imbarco, che si consuma l’atto più indegno di sopraffazione umana: lo stupro di donne indifese da parte di carnefici che oltre a spogliarle economicamente le marchiano, in modo indelebile, nel fisico e nella mente. Quando finalmente le previsioni meteo e la disponibilità del mezzo(barcone o gommone) lo permettono finalmente l’imbarco e acceso il motore dell’Enduro Yamaha 48 cavalli, riforniti di qualche bidone di benzina, equipaggiati con un cellulare satellitare e una bussola si parte per la terra promessa, con un viaggio pieno di incognite e della durata variabile da poche ore a di diversi giorni. Partono spogliati di tutto, materialmente e spiritualmente, senza alcun bagaglio se non i loro poveri indumenti; alcuni di loro poi, per rifugiarsi dall’eventuale freddo notturno, si coprono con diversi strati di indumenti, strategia questa con un terribile rovescio della medaglia. Se per qualsiasi evento il barcone o il gommone dovesse rovesciarsi, gli strati di indumenti diventano una micidiale zavorra che facilita l’annegamento dei “dannati” che già di per se hanno poca esperienza nelle tecniche di galleggiamento.Partono incuranti e ignorando i pericoli che possono sopraggiungere e di come evitarli o affrontarli. Partono stipati come sardine, senza alcuna possibilità di muoversi, espellendo le scorie contenute nel retto e nella vescica nei propri indumenti, rimanendo così le feci e le urine a contatto con la cute delle cosce e dei glutei.

sabato 27 dicembre 2008

De Filippo «Le mie verità sul Totalgate»

Le intercettazioni, le fughe di notizie e le domande sulla cocaina
POTENZA - La cocaina, i ricatti degli imprenditori, le fughe di notizie, i rapporti con il deputato Salvatore Margiotta. Le verità del presidente della Regione Vito De Filippo sul Totalgate, per il sostituto procuratore Henry John Woodcock «sommarie informazioni testimoniali», sono raccolte in una fonoregistrazione digitale al momento secretata. Il verbale - che il Quotidiano ha potuto vedere in esclusiva - è accompagnato da una nota della polizia di Stato. Il 15 aprile del 2008 il presidente della Regione Vito De Filippo varca i cancelli della Questura di Potenza. Ha un appuntamento, al primo piano. “Squadra mobile”. Lo aspetta il dirigente, Barbara Strappato. Ha il grado di vicequestore ed è a Potenza da un anno. Con lei c’è il braccio destro del sostituto procuratore Henry John Woodcock, l’ispettore capo Pasquale Di Tolla. Il governatore si accomoda e il poliziotto preme il tasto che avvia la fonoregistrazione. Parla il capo della squadra mobile: «Lei viene ascoltato nell’ambito di un procedimento penale come persona informata sui fatti ed è tenuto a dire la verità. E nel corso di questa verbalizzazione le chiederemo cose precise che ovviamente abbiamo documentato e riscontrato. Quindi questo è un invito ulteriore a riferire, secondo quello che ricorda, la verità. Sono stata chiara?». De Filippo risponde: «Chiarissima». Poi, però, qualche cosa la omette. Come l’episodio della cena a Piacenza. Sostiene di non aver incontrato l’imprenditore del Totalgate Francesco Ferrara negli ultimi dieci anni. Ma non è così. Gli investigatori già sanno che a quella cena c’era anche lui. E’ un brutto interrogatorio. Le domande sono scomode. «Lei fa uso di cocaina?». Gli chiede il capo della squadra mobile. Lui si indigna: «Assolutamente no». E parla per ore: della Regione, dei suoi collaboratori, delle inchieste dalla quali si è dovuto difendere negli ultimi anni, del «gossip giudiziario », delle intercettazioni. Ma anche di un «amico» del suo partito: il deputato Salvatore Margiotta, ex segretario
regionale della Margherita. Era il primo nome del Pd nella lista alla Camera. Ora è finito in una storia di tangenti. Il capo della mobile racconta al governatore di un incontro. «Era il 16 dicembre. Francesco Ferrara (l’imprenditore al centro dell’in - chiesta ndr) incontra Margotta sotto l’abitazione dei genitori. E si sono intrattenuti a parlare». Poi Ferrara entra nella sua macchina super intercettata e dice: «Gli ho detto a Salvatore, dì agli amici che si preoccupassero di quelli che gli portano la cocaina, invece di preoccuparsi di Ferrara». Secondo il vicequestore quegli amici sono loro: lui e Capoluongo. «Ha capito che vogliamo sape’. Neanche questo le è stato riferito? », dice la poliziotta. E De Filippo: «Mai, mai, mai... (incomprensibile) assolutamente. Non credo che me lo potevano riferire, mi scusi la volgarità... (incomprensibile)... schiaffi nella faccia. Chi può pensare che uso, che usi cocaina, diciamo, e io... sarei in qualche modo reattivo, forse anche scostumato». Lo stoppa la poliziotta: «Sì, però, l’amico poteva dirvi, visto che siete amici... sono stata chiara io. Poiché con Margiotta... Posso capire che le hanno detto mi sono visto con tizio o caio... ma...». Lui: «...guarda dicono che ti pigli la cocaina... ». Lei: «Però, voglio dire... forse un uomo impegnato politicamente avrebbe dovuto quantomeno riferirle questa...». Lui: «Fate un mestiere meraviglioso... voi... guardate...». Lei: «Io l’avrei detto... guarda che c’è chi si permette di dire questo, insomma... ». Lui: «Purtroppo nella vita politica la parola amico è un po’ abusata». Lei: «Quindi questa circostanza Margiotta neanche gliela ha detta mai?». Il governatore nega: «Mai, mai, mai».
F.Amendolara (quotidiano della basilicata)

martedì 23 dicembre 2008

Casta lucana. La questione morale affonda la Basilicata

113 faldoni e i 33 indagati dell'inchiesta giudiziaria Toghe lucane. Oppure il miliardo di barili di petrolio nella pancia della Basilicata che sono l'8 per cento del fabbisogno nazionale. O la stupefacente longevità della classe politica lucana: sei deputati, sette senatori di destra e di sinistra che fanno politica da sempre, il senatore a vita Emilio Colombo, l'onorevole Salvatore Margiotta, Romualdo Coviello, quasi tradizioni di famiglia con un'unica sorgente di vita: la Democrazia cristiana. Possiamo partire da qui, da queste tre caselle per raccontare il grande gioco d'affari, il Monopoli della Lucania che oggi diventa, con il caso Napoli e quello Abruzzo, una delle tre lame che si conficcano nella carne viva del Pd sotto il nome questione morale. Il fatto è che fuori dai confini di questa regione non ti aspetti che il Texas d'Italia, che tutti ci invidiano, possa essere quasi l'origine della questione morale. «Una regione di qualità e un territorio d'eccellenza», è scritto nel timbro della Regione. Balle, tutte rigorosamente balle. Peggio: affermazioni che «fanno venire l'orticaria» a un sacco di gente. Don Marcello Cozzi, responsabile dell'associazione Libera ha affidato la sua rabbia alle 458 pagine del libro «Quando la mafia non esiste-malaffare e affari della mala in Basilicata», cinque edizioni tutte esaurite da maggio, una nuova Gomorra scritta da un prete lucano per nulla amato tra i notabili della città ma invitato dagli emigrati a Berlino e a Innsbruch per parlare del suo libro. L'economista Nino D'Agostino alza la voce se appena dici «Basilicata isola felice»: «E' la più grande mistificazione organizzata dal ceto politico italiano». La Lucania è di per sé «una questione morale». Anzi, è il paradigma della questione morale che sta travolgendo il Pd. Al palazzo di Giustizia di Potenza il pm John Henry Woodcock e il gip Rocco Pavese continuano gli interrogatori dei dieci arrestati per le tangenti alla Total, multinazionale che sta trivellando nel giacimento di Tempa Rossa. L'inchiesta è figlia di un'altra indagine, quelle Toghe Lucane (33 indagati tra politici, amministratori, magistrati e investigatori tra cui Luisa Fasano, moglie dell'onorevole Margiotta) per cui è stato chiesto il giudizio per una sfilza di reati, dall'associazione a delinquere alla corruzione passando per la turbativa d'asta e il peculato. Raccontano, i 113 faldoni di Toghe lucane, il comitato d'affari che, secondo il pm De Magistris, in Lucania ma non solo aveva mani e faceva affari ovunque: se c'era un reato il magistrato nascondeva, il poliziotto avvisava l'indagato, il politico di destra e di sinistra continuava a fare pastette. Tutti insieme allegramente, per anni, e che nessuno disturbi il manovratore. Finché arriva il pm Woodcock che già un bello scossone al sistema lucano l'aveva dato nel 1994 con un'altra inchiesta chiamata Iena 2. C'è un giro vorticoso, in queste faccende giudiziarie, di indagati che diventano difensori e poi magari senatori o deputati. Nicola Buccico, ad esempio, ex del Csm in quota An, è indagato in Toghe lucane ma oggi anche difensore dell'imprenditore Ferrara, presunto motore delle tangenti Total nonché sindaco di Matera. Filippo Bubbico, diessino di razza, è indagato in Toghe Lucane ma anche senatore del Pd. Luisa Fasano, ex capo della mobile di Potenza, è indagata in Toghe Lucane ed è moglie di Margiotta (nella foto) indagato per le tangenti Total: Woodcock ne ha chiesto l'arresto, la Camera ha detto no. C'è poi, anche Vito De Filippo, Pd, ex Margherita, presidente della Regione indagato prima e adesso di nuovo per le tangenti Total anche se per reati accessori. Giovedì in consiglio ha avuto una specie di crisi di nervi: «Basta, non ce la faccio più questo è un complotto». Sembrava volesse dimettersi. Sembrava. E dire che ha tutta la giunta dimissionaria di fronte alle fabbriche chiuse e ai migliaia senza lavoro. Il gioco di ruolo, controllori che diventano controllati e viceversa, potrebbe andare avanti a lungo. Il paese è piccolo, si dirà. Sbatte il pugno sul tavolo del bar del Grande Albergo Nino D'Agostino. «Quello lucano - dice - è un grande sistema blindato di corruzione». La diagnosi è spietata: «In 60 anni non c'è mai stato ricambio di ceto politico e gli assessori regionali sono anche funzionari della Regione. Tutto ruota intorno alle clientele per cui non conviene a nessuno restare fuori e quindi denunciare. Qui il clientelismo si è evoluto in affarismo per cui non basta più trovare lavoro al figlio di chi te lo chiede e poi ti porta i voti ma tutto questo deve anche produrre grandi affari possibilmente per pochi». La corruzione non è solo tangenti, insiste l'economista, «è anche gestire risorse pubbliche in modo clientelare per cui un sistema economico in piena recessione come quello lucano diventa l'isola felice». Modi così antichi e mimetizzati che poi rischiano di non avere sempre un rilievo penale e di trasformarsi in condanne. «Ed è per questo che bisogna pretendere dalla politica un cambio netto dei suoi protagonisti e dei loro metodi», dice don Marcello che tutti i giorni ha a che fare con clientele, promesse di lavoro in cambio di silenzio, storie di usura dove l'usuraio è il potente che neppure ti immagini. Don Marcello è andato a vedere cosa c'è dietro droga, usura, disagi. Nel suo libro racconta le mille contraddizioni di queste regione, i 200 condannati definitivi per mafia in meno di 15 anni, i morti ammazzati su cui non sono state fatte indagini, i politici indagati ma sempre al loro posto. «A chi fa comodo - si chiede - che questa terra sia raccontata come l'isola felice mentre le gente scappa in cerca di lavoro? Chi controlla - ad esempio - che non vengano fatte estrazioni in nero dai pozzi? Perché non ci sono le strade?». Scriveva Carlo Levi, che Mussolini mandò al confino nei calanchi tra Grassano e Aliano: «Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore in comprensivo». Cristo s'era fermato a Eboli. Adesso in qualche paesino della val d'Agri. Per arrivare in Lucania c'è solo una strada, il treno arranca e a volte a Salerno passa il testimone al bus. Meno male che c'è la Fiat a Melfi e la Natuzzi divani a Matera altrimenti, nonostante la ricchezza di materia prime, nessuno ha saputo creare una manifattura. Tanto si va a lavorare nel pubblico e l'agricoltura è assistita. Il turismo dà fastidio. In certi paesi non arriva l'acqua che pure viene venduta alla Puglia. E neppure il gas che qui sotto ha giacimenti enormi. E lo chiamano Texas d'Italia. La Lucania saudita. (Claudia Fusani dall'Unità)

lunedì 22 dicembre 2008

Forza Italia contro Woodcock. Il magna magna : Se Può Fa

Dopo la solidarietà espressa dall’opposizione a Nigro in provincia , mancava solo che non ci fosse quella Regionale a De Filippo espressa dal consigliere di PDL La penna che in consiglio Regionale da il suo meglio con un attacco frontale contro la magistratura e le loro indagini. E Lapenna sottolinea: «Ancora una volta, la politica ha il diritto dovere non di nascondersi ma di reagire in maniera forte, ormai i politici vengono visti in mezzo la strada come dei malfattori. A noi dell'opposizione ci dicono che facciamo gli inciuci. Questa è l'accezione che la gente ha di noi politici ». Il consigliere regionale, Sergio Lapenna non ci sta e dice: «Se un pubblico amministratore viola la legge, viene imputato per abuso d’ufficio, se un magistrato viola la legge viene inneggiato dai giustizialisti». Lapenna chiedendo al consiglio regionale «di reagire» ha anche attaccato la spettacolarizzazione degli eventi giudiziari e la fuga di notizie. La colpa di Woodcock probabilmente è quello di scovare i Mariuoli, ma secondo una concezione moderna della giustizia va bene quando si tratta di extracomunitari o di ladri di polli , ma i politici devono tornare ad essere al di sopra di ogni sospetto . Altro che inciucio, la casta si autodifende , fa finta di avere politiche diverse ma quando ritratta del magna magna vale il detto Berlusconiano “Se può fa”. Su questa linea c’è un accordo trasversale per bloccare con leggi insensate la magistratura , non basta più levargli le indagini e trasferirli ma bisogna impedire che svolgano quelli attinenti ai reati nella pubblica amministrazione , un accordo bipartisan nell’interesse della democrazia. E noi giustizialisti che pretendiamo una politica dalle mani pulite , il recupero dell’etica pubblica nella politica e che comunque il ladrocinio e il furto di legalità rappresenta un costo sociale ed economico non accettabile, in quando si sottraggono risorse allo sviluppo a vantaggio dell’arricchimento dei pochi , non potremmo che Resiste , Resistere Resistere

Montesano si difende davanti al Gip.E fuori dall’aula si sente solo il nome di Margiotta

POTENZA - Nicola Montesano fuma nervosamente alla finestra nel corridoio del palazzo di giustizia di Potenza che porta all'ingresso dell'aula dove si stanno svolgendo gli interrogatori di garanzia per gli indagati dell'inchiesta Totalgate. Da martedì è agli arresti domiciliari
e sembra molto provato. Ieri mattina, nell'aula Croce del Palazzo di giustizia, sono stati sentiti anche Gionni Giliberti, di Policoro, che è detenuto in carcere con l'accusa di concorso in traffico internazionale
di stupefacenti, e Nicola Donnoli, di Corleto Perticara, socio e ammininistratore della Edilstrade Snc, accusato di associazione
a delinquere e concorso in corruzione e turbativa d'asta. Secondo la procura Donnoli «gestiva e intratteneva» le relazioni del gruppo con il management di Total Italia, oltre che diversi amministratori e politici.
In aula avrebbe risposto alle contestazioni, e il suo avvocato, Teresa
Massari (che è anche sua moglie), ha annunciato l'immediato ricorso
al Tribunale del riesame. Una sigaretta dopo l'altra, anche se le guardie storcono il naso. John Henry Woodcock è vestito sportivo, come ieri e l'altro ieri: jeans, camicia chiara e maglioncino leggero con scollo a “v”, blu scuro per la precisione, con l'immancabile sigaro Davidhoff in bocca, riacceso chissà quante volte. Montesano tiene lo sguardo basso, non si sente un corruttore, e deve trattenersi perché ha avuto precise disposizioni di non parlare con nessuno, perciò scrive, tutto il giorno,
aspettando il momento in cui il suo isolamento sarà finito. L'interro -gatorio si è concluso dopo un'oretta. Woodcock a tratti ha alzato la voce.
E qualcuno di quelli che sono stati sentiti ha mormorato uscendo
dall'aula: «Ma è davvero un mastino », come da copione. E gli avvocati
a cercare di rassicurare i loro assistiti: «Tranquillo, anche questo fa
parte della strategia». «Margiotta! … Margiotta! ...», si è sentito più
volte, anche fuori dall'aula. I rapporti tra Montesano e il deputato del
Pd Margiotta sono stati al centro delle contestazioni dell'accusa, che
peraltro, forse proprio per la documentazione fornita dalla difesa di
Montesano, rappresentata dall'avvocato Gianni Di Pierri di Policoro,
avrebbe invece tralasciato altri aspetti evidentemente ritenuti secondari.
Secondo Di Pierri, «Montesano ha tentato di ricostruire tutti i fatti relativamente ai quali è coinvolto, fornendo ai magistrati le dovute
spiegazioni. Negli atti si ravvisano diversi elementi attraverso i quali è del tutto plausibile ipotizzare attività delittuose a carico del mio assistito, ma dopo l'interrogatorio di oggi ben potrà risultare l'assoluta inesistenza a carico di Montesano di fatti di corruzione e turbativa d'asta, e a maggior ragione l'estraneità rispetto a una qualsivoglia ipotesi associativa». Montesano in pratica non avrebbe mai conosciuto “i francesi”, ma avrebbe confermato il rapporto di amicizia che lo legava a Francesco Ferrara, e ne avrebbe chiarito le caratteristiche, i motivi per cui si sentivano tanto spesso, insomma gli affari che tenevano in comune,
e solo quelli, prendendo le distanze da tutto il resto. «Ma per Natale, avvocato, dovrò restare da solo?». L’avvocato non risponde. Ma evidentemente si. (Leo Amato -il quotidiano della Basilicata)

venerdì 19 dicembre 2008

Inchiesta “Petrolio, appalti e tangenti”: Nessun fumus persecutionis

Anche alla luce di quanto abbiamo potuto ascoltare nell’edizione odierna del Tgr Basilicata(18 dicembre, ore 14.00), riteniamo opportuno segnalare che sul sito dell’Associazione Radicali Lucani è stato recepito e pubblicato on-line il decreto di perquisizione e sequestro. E’ quanto mai opportuno che i cittadini italiani possano farsi un’opinione sull’indagine condotta dal PM Woodcock, attraverso la lettura integrale degli atti. Non è bene che un documento, attraverso il quale si chiede l’arresto di un parlamentare della Repubblica e in cui si parla di reati gravissimi commessi contro l’interesse della comunità lucana, rimanga cosa riservata alla lettura degli illustri membri della Giunta delle autorizzazioni a procedere. Occorre consentire agli inquirenti potentini e al Pm Woodcock di poter lavorare con serenità e senza essere sottoposti a pressioni e delegittimazioni. Continuiamo a ritenere che in questa regione il livello di corruzione della classe dirigente abbia superato da tempo il livello di guardia. Guardiamoci attorno e chiediamoci quanti sono gli amministratori che in questi anni si sono arricchiti, trasformando le Istituzioni in un pied à terre per se stessi, i loro famigli e i loro clienti. Forse basterebbe indagare su certe improvvise fortune ostentate da un ceto dirigente arrogante e tracotante. Al di là delle inchieste, quelle fatte, quelle insabbiate e quelle che mai si faranno, come si fa a non vedere che il ceto oligarchico partitocratico regionale ha sprecato un fiume di risorse pubbliche, negando opportunità di sviluppo? La gestione quanto meno clientelare del denaro pubblico, ed è cosa di non secondaria importanza, ha falsato il gioco democratico: troppe volte le risorse destinate allo sviluppo della nostra terra sono servite per ingrassare satrapi e vicerè, baroni e lacchè, portaborse e clienti. Assolutamente vero: c’è stata e c’è una degenerazione patologica dei rapporti esistenti tra soggetti portatori di interessi pubblici ed esponenti del mondo imprenditoriale. Ci auguriamo che certe dichiarazioni provenienti dalle austere stanze della Giunta per le autorizzazioni a procedere non siano propedeutiche a poter aprire ulteriori procedure di trasferimento, laddove, gioverà ricordarlo, ci sono in questa regione magistrati accusati di reati gravissimi che continuano a rimanere al loro posto. Siamo davvero stufi di ascoltare, ogni volta che si apre un’inchiesta sul malaffare, la trita e ritrita tesi del complotto mediatico. Verrebbe voglia, sentendo recitare certi copioni, di dire a lor signori: “Siete voi gli unici autori del complotto antilucano, con la vostra politica fatta solo di intrighi e bizantinismi.” Sul petrolio c’è un Pm che ipotizza episodi di corruzione e concussione, laddove, si potrebbe aggiungere, si fa fatica a capire dove inizi la corruzione e dove finisca la concussione, e viceversa. Lasciamoli lavorare senza buttarla in caciara. Da Radicale, da garantista tocca dissentire totalmente da certe valutazioni; e soprattutto intendo ribadire che non intravedo nell’inchiesta nessun fumus persecutionis, se non, ancora una volta, contro il Pm inquirente. Abbiamo l’impressione che per alcuni i problemi lucani siano connessi all’esistenza stessa di tutti coloro che svolgono un’attività inquirente. Il problema lo si potrebbe risolvere abolendo le Procure della Repubblica, almeno quelle dove ci sono inquirenti che svolgono il loro lavoro. ( Maurizio Bolognetti segretario radicali Basilicata)

La Bugia di De Filippo: 10 anni che non incontro Ferrara. Invece....

Intanto ferrara non risponde al GIP
Tra gli indagati nell’inchiesta sul petrolio figura anche il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo. Una posizione ritenuta «marginale» dagli stessi investigatori e riconducibile sostanzialmente ad una telefonata. Avviene a gennaio 2008 quando l’imprenditore (arrestato l’altro ieri) Franco Ferrara riferisce Nicola Montesano (consigliere provinciale di Matera), che il presidente si sarebbe prima mostrato solidale e favorevole all’ipotesi che la sua Ati si aggiudicasse l’appalto bandito dalla Total, ma che in seguito lo stesso De Filippo, venuto a conoscenza che la Procura stava indagando sulla gara d’appalto in questione, avrebbe cambiato parere. Secondo gli inquirenti proprio le affermazioni di Ferrara sul dietrofront di De Filippo lascerebbero intendere un originario coinvolgimento del governatore nella vicenda della gara d’appalto Total. Ma c’è anche un secondo aspetto all’attenzione degli investigatori: pur avendo ammesso di conoscere Ferrara, il presidente, della Regione lucana secondo l’ordinanza, avrebbe negato di averlo incontrato nel corso degli ultimi dieci anni. Ma stando agli stessi investigatori De Filippo almeno su questo mentirebbe, perché il 14 settembre del 2007 (in prossimità della scadenza, il 9 ottobre 2007, del termine per la presentazione dell’offerta di partecipazione alla gara bandita da Total) il governatore avrebbe incontrato l’imprenditore policorese nel ristorante «Peppino» di Piacenza, durante una cena per la candidatura di Enrico Letta alla guida del Pd. In quell’occasione, secondo l’accusa, De Filippo e Ferrara si sarebbero anche appartati dandosi reciproca conferma su «alcune cose a breve scadenza». La cena, tra l’altro, a cui hanno partecipato altri sei commensali, sarebbe stata organizzata proprio da Ferrara che era stato informato dall’amico Montesano sui programmi della giornata del presidente e del suo entourage.

L'IMPRENDITORE FERRARA NON RISPONDE AL GIP
L'imprenditore Francesco Rocco Ferrara – uno dei principali indagati nell’inchiesta sul “comitato di affari” che sarebbe stato costituito in Basilicata per gestire lo sfruttamento del petrolio – si è avvalso della facoltà di non rispondere stamani, nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Potenza. Lo ha confermato il difensore dell’imprenditore, l’avvocato Emilio Nicola Buccico. La scelta di non rispondere al gip prelude ad un ricorso al Tribunale del riesame contro l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ferrara è accusato di aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla tubativa d’asta negli appalti della Total Italia per il centro oli di Tempa Rossa, in Basilicata.
(F. gazzetta Mezzog.)

giovedì 18 dicembre 2008

Tolleranza Zero contro i mariuoli in Politica

La Basilicata celebrata con ottimismo tanto fatuo quanto irresponsabile come isola felice, viene travolta dall’ennesimo scandalo , annunciato e puntualmente avveratosi. Ricordiamo che in questi anni sull’accordo tra la total e la regione si sono consumate le lotte delle associazioni ambientaliste e dello steso PRC che denunciavano di questa intesa i pericoli della poca trasparenza , dell’incompatibilità ambientale e soprattutto ne contestavano il furto di risorse senza nessun ritorno per la Basilicata. Senza entrare sulla questione giudiziaria, visto che siamo solo ad un ipotesi accusatoria, è doveroso
comunque fare una riflessione politica sul quadro che esce non solo da questa inchiesta ( vedi Toghe lucane e Felandina) che pone al centro del dibattito politico regionale la questione morale , problema non più rinviabile, questo non avendo paura di essere tacciati di moralismo ne giustizialismo convinti come siamo che la questione non attiene soltanto alla sfera etica ma anche e soprattutto a quella economico sociale. Queste inchieste hanno messo in luce uno scambio politico- affaristico che intreccia interessi delle Lobbies con quelli politici tesi ad incrementare le proprie ricchezza svendendo il territorio in un contesto di disoccupazione ,precarietà, deficit di autonomia, povertà che schiacciano soprattutto i giovani, le donne, gli anziani insieme all’identità, alle tradizioni e al senso comunitario ( la classe dirigente lucana decide ormai solo sulla base delle convenienze proprie delle multinazionali, la destinazione e l’uso del nostro territorio e delle nostre risorse naturali). E dato che come diceva E. Berlinquer non è solo una
questione di ladri e corrotti che vanno scovati denunciati e messi in galera,
ma e anche l’occupazione militare del potere , di furto di legalità e opportunità dei diritti ai giovani che vengono mortificati nei vari concorsi farsa dove conta la tessera di partito al merito , l’utilizzo di quote di spesa pubblica che vengono investite nella produzione di consenso, con il solo scopo di incrementare la produttività elettorale, con evidenti danni sia alla sviluppo che a una sana democrazia. Per il PRC della provincia di Matera è arrivato il momento di dire basta, consapevoli che non è sufficiente la sola sterile denuncia, ma bisogna da oggi impegnarsi in azioni di lotta politica che mettono al centro del dibattito politico il corretto utilizzo delle risorse e il primato della legalità senza se e senza ma. Cominciando a dire che si faranno alleanze solo con liste che non abbiano tra i candidati politici coinvolti o rinviati a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione .Consapevoli che solo questo non basta ma bisogna pur cominciare per dare un segnale forte ed inequivocabile alla pubblica opinione che si comincia la politica della tolleranza zero contro i mariuoli in politica.
Frammartino Ottavio
seg.Prov.le PRC Matera

sp 175: "è un evidente falso che sta commettendo la Provincia di Matera ».

POTENZA - La questione dei lavori di ammodernamento della Sp 175 fu motivo di dibattito acceso all’interno del consiglio regionale il 25 novembre scorso. L’opposizione contesto vivamente la delibera del consiglio che prevedeva un ulteriore finanziamento di 10 milioni di euro per l’adeguamento di questa arteria stradale. Duro fu l’intervento del consigliere Pagliuca , che dichiarava “ mi tiro fuori da questa questione.e se fossi al posto della maggioranza nob sarei tranquillo perché questo è un evidente falso che sta commettendo la provincia di Matera. Lo stesso consigliere si chiedeva come mai l’iva era al 20% quando normalmente si calcola per le opere pubbliche al 10% ? Vi fu una accesa con Franco Mattia (FI), Pasquale Di Lorenzo (Pdl) e Nicola Pagliuca (FI) che dai banchi dell’opposizione contestarono la delibera di giunta regionale (approvata poi in sede di voto dai 17 consiglieri del centrosinistra presenti in aula) che apportando alcune modifiche al Piano regionale della viabilità ha previsto la concessione di un ulteriore finanziamento per l’adeguamento della Sp 175. Finanziamento accordato alla Provincia di Matera pari a 10 milioni di euro. Ma su quello che sembrava un semplice provvedimento consiliare era il giorno della polemica di Folino contro Repubblica per l’articolo sulla “bancarotta” Basilicata) scoppiò la protesta dell’opposizione di centrodestra. In particolare il capogruppo di FI, Nicola Pagliuca dopo aver annunciato il voto contrario alla delibera disse: «Mi chiamo fuori da questa questione. Ma al posto della maggioranza io non sarei tranquillo perché questo è un evidente falso che sta commettendo la Provincia di Matera ». Prima di questo però, Pagliuca entrando nel merito del finanziamento per il completamento dei lavori aveva dichiarato: «Si tratta di una cifra non di 10 milioni di euro, ma di 9.911.067,10 euro». Il motivo della precisazione nella continuazione dell’intervento fu chiaro: a fronte di “arrotondamenti” e di voci di spesa tutti a cifra tonda (un milione di euro per fronteggiare le espropriazioni, 1,7 milioni per le complanari, 900 mila euro per bonifiche e consolidamento pendii, 1,1 milioni di euro per lo svincolo, 500 mila euro per le spese generali) e con l’iva calcolata al 20 per cento «sulle opere pubbliche - fu fatto notare dai consiglieri dell’opposizione - normalmente è il 10 per cento» l’importo finale comunque era ben lontano dall’essere a cifra tonda. Anzi: 9.911.067,10 euro sono tutt’altro che “arrontondati”. Tanto che Nicola Pagliuca disse: «Allora l’arrotondamento normalmente lo si fa per poter poi riportare il saldo terminale a cifra tonda. Qui invece noi siamo partiti dalla cifra tonda per arrivare assolutamente a una cifra complessa. Non capisco la logica». Ma la questione sollevata in consiglio regionale non fu solo di carattere numerico. Franco Mattia, infatti, contestando gli interventi “per mettere in sicurezza” la Sp 175 «ci sono voci di spesa disse all’aula il vicepresidente del consiglio - che poco hanno a che fare con il grado di sicurezza e con gli incroci a raso» parlò di «valutazioni evidentemente molto superficiali ». Mentre il consigliere regionale del Pdl, Pasquale Di Lorenzo in aspra polemica interrogò la maggioranza regionale: «La cosa che vorremmo comprendere è, come mai un’opera che viene cantierizzata, appaltata e preventivamente stabilita negli importi, alla fine ha sempre bisogno di qualcosa in più?».
Salvatore Santoro ( il quotidiano della bas.)

mercoledì 17 dicembre 2008

Salvatò ti devo portare 200mila euro"

Tra le numerosissime intercettazioni telefoniche ed ambientali trascritte negli atti depositati oggi alla Camera dei Deputati dalla Procura di Potenza, ve n'é una che - secondo gli inquirenti - proverebbe la tangente da 200 mila euro che sarebbe stata promessa dall'imprenditore Francesco Ferrara al deputato del Pd Salvatore Margiotta. Il colloquio si svolge il 21 dicembre dello scorso anno tra l'imprenditore e una sua amica.Ferrara parla della gara d'appalto, alla quale, dice, partecipano otto società, e dei punteggi che vengono assegnati alle imprese al momento dell'apertura delle buste.
Ferrara: ... mi hanno detto: "apriamo le otto (buste, ndr) cioè le prime otto...apriamo l'offerta di tutti... chi sta nella media...sopra la media...
Amica: ho capito.
Ferrara: praticamente gli assegniamo 40 punti. (omissis). L'imprenditore non sembra tranquillo delle modalità dell'assegnazione dei punteggi e più avanti, sempre conversando con la sua amica, parla di un colloquio da lui avuto con un'altra persona proprio sulla questione dei punteggi, e racconta alla donna quello che lui ha detto al suo interlocutore: "... Salvatò, io voglio il lavoro, lo voglio. Io ti devo portare 200 mila euro il giorno in cui mi assegnano definitivamente e tu lo sai come sono io...". L'imprenditore cita nel colloquio con la sua amica solo il nome "Salvatò ", ma per gli inquirenti, in base anche ad altri elementi acquisiti nell'inchiesta, non ci sarebbero dubbi: quel Salvatò è riferito proprio al deputato del Pd Salvatore Margiotta.
Seguono altri 3 articoli sull'affare Petrolio su questo Blog

martedì 16 dicembre 2008

Il pm: svendute le ricchezze della Basilicata per l'arricchimento di pochi

Il petrolio, «una grande occasione di sviluppo per tutta la Basilicata», si è invece tradotto «in una occasione di arricchimento di una schiera di soggetti appartenenti al mondo politico e imprenditoriale, espressione di un "comitato d’affari" che, in ragione di interessi personali, ha praticamente "svenduto" la terra della Basilicata e le sue ricchezze», «ovviamente a discapito del pubblico interesse». questo si legge negli atti dell’inchiesta della procura di Potenza sulla sulle presunte tangenti per gli appalti nel settore del petrolio.
Magistrati parlano di un gruppo di persone «la cui "ragione sociale" è quella di incidere, condizionare e di intervenire illecitamente e surrettiziamente su tutti gli appalti e, più in generale, su ogni business legato allo sfruttamento delle risorse petrolifere del "Progetto Tempa Rossa" gestito dalla Total Spa». Secondo l’accusa, l’affidamento degli appalti della compagnia petrolifera sarebbero stati «pilotati e predefiniti» dal "comitato d’affari" costituito «dal management di Total Italia più direttamente coinvolto nel Progetto Tempa Rossa, da imprenditori, da pubblici ufficiali, da politici e da faccendieri, "istituzionalmente" deputati a mediare un numero indeterminato di transazioni illecite».
Lo sfruttamento delle ingenti risorse petrolifere avrebbe catalizzato «interessi illeciti della più disparata natura», compresi quelli di «taluni politici ed amministratori locali lucani che, oltremodo interessati a trarre il massimo del profitto personale dalla "spartizione della torta", non sembrano avere avuto ed avere remore nello svilire la pubblica funzione rivestita incamerando dagli imprenditori lauti compensi in cambio di indebite pressioni per l’aggiudicazione degli appalti alle imprese amiche (perchè disposte a pagare tangenti e ad elargire altre utilità)».
I pm di potenza descrivono nell'ordinanza un sistema «nel quale il pagamento di un prezzo, più o meno alto, in danaro o in altre utilità, versato sistematicamente per remunerare i favori ricevuti, costituisce la "regola aurea". Uno scenario dominato dal mercato occulto della corruzione nel quale – come in ogni mercato – i protagonisti, e cioè imprenditori, politici, pubblici funzionari, intermediari specializzati, concludono scambi offrendo ciascuno la propria merce». In favore di questo gruppo di soggetti, si è così creata «una vera e propria posizione di rendita politica, si potrebbe dire di vera e propria sponsorizzazione, in virtù della quale il funzionario, l'amministratore e il politico di turno interviene in modo sistematico e puntuale per propiziare o per favorire nuovi affari del gruppo in questione. Uno scenario veramente desolante ( fonte la Gazzetta del Mezzogiorno)

Avviso di garanzia al presidente della provincia Nigro

L'abitazione e gli uffici del presidente della Provincia di Matera, Carmine Nigro sono stati perquisiti oggi nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal pm di Potenza, Henry John Woodcock, sul "comitato d'affari" costituito per approfittare delle estrazioni petrolifere in Basilicata.
Di prima mattina la Digos ha fatto irruzione nella Provincia dove è stato a lungo trattenuto e poi arrestato ( arresti domiciliari) il dirigente dell'ufficio Tecnico della provincia e contemporaneamente hanno perquisito la presidenza sequestrando un computer di Carmine Nigro è consegnando una informazione di garanzia che fa riferimento a presunte irregolarità nell'aggiudicazione, nel 2007, di un appalto per l'adeguamento della strada statale 175, finanziato con 18 milioni di euro e affidato all'associazione temporanea composta dalle imprese Ferrara, Polidrica e Giuzio: Su tale appalto tra l'altro sembrerebbe che stia da tempo indagando la corte dei conti dopo una segnalazione fatta da imprenditori e dall'autorità dei lavori pubblici quando al ministero siedeva Di Pietro. Siamo stati facili profeti , avendo appena una settimana fa intitolato un Post : la provincia tra affarismo e clientela. Cristianamente ci auguriamo che siano innocenti politicamente li prenderemo a pedate.

Arresti Total - domiciliari per Margiotta. Sembrerebbe coinvolto anche il consigliere Provinciale Montesano Nicola

Il consigliere sarebbe agli arresti domiciliari , anche lui sembrerebbe coinvolto nella vicenda Total insieme all'imprenditore di Policoro ferrara Franco, quest'ultimo accompagnato nel penitenziario di Potenza.
Provvedimenti restrittivi disposti anche nei confronti del Dirigente Uff.cio Tecnico della Provincia presumibilmente per appalti, la digos in provincia alla ricerca di prove su disposizione del pm Woodckok.
Potenza - L’amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta della procura di Potenza per tangenti sugli appalti per estrazione di petrolio in Basilicata. Coinvolto anche il deputato del Pd Salvatore Margiotta, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. La misura di detenzione domiciliare per il parlamentare potrà, tuttavia, essere eseguita solo se la Camera dei deputati darà l’autorizzazione. La relativa richiesta è stata presentata questa mattina.
Inchiesta di Woodcock Le misure cautelari - in carcere per alcune persone, agli arresti domiciliari per altre - sono state disposte dal gip di Potenza Rocco Pavese, su richiesta del pm Henry John Woodcock, ed eseguite da carabinieri del Noe guidati dal tenente colonnello Sergio De Caprio (il "Capitano Ultimo" che arrestò Totò Riina) e personale della squadra mobile di Potenza, diretta da Barbara Strappato. Gli arresti sono stati fatti in gran parte a Roma, con la collaborazione della squadra mobile della Capitale e della polizia municipale di Potenza. La custodia in carcere riguarda, oltre all’ad di Total Levha, anche Jean Paul Juguet, responsabile Total del progetto "Tempa Rossa" (così si chiama uno tra i più grandi giacimenti petroliferi della Basilicata), attualmente all’estero; Roberto Pasi, responsabile dell’ufficio di rappresentanza lucano della Total e un suo collaboratore, Roberto Francini. È stata anche disposta la detenzione in carcere dell’imprenditore Francesco Ferrara, di Policoro (Matera), e del sindaco di Gorgoglione (Matera) Ignazio Tornetta. Arresti domiciliari, invece, oltre che per l’onorevole Margiotta (la misura potrà essere eseguita solo se la Camera darà l’approvazione), anche per altre tre persone, e obbligo di dimora per altri cinque indagati.
I reati I reati contestati, diversi da persona a persona, sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta (con riferimento specifico agli appalti dei lavori per le estrazioni petrolifere), corruzione e concussione. Il gip ha inoltre disposto varie perquisizioni, che sono tuttora in corso, e il sequestro di numerose società.
Tangente da 200mila euro Duecentomila euro: questa la somma che sarebbe stata promessa al deputato del Pd da Francesco Ferrara, uno degli imprenditori coinvolto nell’inchiesta sugli appalti per il petrolio in Basilicata, in cambio di un suo interessamento per favorirlo. È l’accusa che il pm Woodcock muove al parlamentare, per il quale è stata chiesta oggi alla Camera l’autorizzazione per gli arresti domiciliari. In particolare Margiotta avrebbe fatto valere il suo potere e la sua influenza di parlamentare e di leader del Pd della Basilicata per favorire l’aggiudicazione degli appalti alla cordata capeggiata da Ferrara. In questo senso si sarebbe impegnato a fornire informazioni privilegiate al gruppo di imprenditori e a fare pressioni sui dirigenti della Total, società titolare di una delle concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della Val d’Agri, in Basilicata. ( fonte il giornale)

lunedì 15 dicembre 2008

Oggi alle 17.30 consiglio comunale con all'ordine del giorno :
Presentazione Bilancio
interrogazione D7 e sui precari presentata dalla minoranza

FUGA DAL SUD CHE AFFONDA

Ghetti sempre più numerosi e isole felici dove i ricchi vivranno blindati” Questo è quel che si evince dalla ricerca Cittaitalia condotta dall’Anci di Milano e commentata ieri dal prof. Martinotti.
Nelle 111 città capoluogo di provincia risiede il 29,5% della popolazione totale di cui circa la metà è concentrata in 11 città: Bari, Milano, Firenze , Genova, Torino , Venezia,Roma ,Palermo , Cagliari , Torino e Bologna. Si quantifica che nei prossimi anni la popolazione in questi centri aumenterà del 3,2 % mentre al sud ci sarà una decrescita. Aumenteranno di pari passo le difficoltà dell’integrazione portando i più deboli alla crescita di marginalità e a nuove forme di povertà. Tanto più aumenta la popolazione tanto più per i comuni aumenterà la spesa sociale, spicca in vetta Milano , mentre fanalino di coda, delle città esaminate, resta Napoli. Mediamente la spesa per i comuni per l’integrazione sociale si aggira intorno ai 186€ per abitante. L’Italia ha abbandonato il sud a se stesso . Nonostante la crisi la gente si muoverà sempre verso Nord, dove c’è poco lavoro ma c’è. E’ questa la nuova prospettiva di una nuova migrazione di massa che includerà la “fuga dei cervelli interna”mai interrottasi,come i numeri di Cittaitalia lasciano intendere. Al sud le file ai centri per l’impiego si sono allungate ma piuttosto che accettare lavori da “stranieri”, quali colf, o lavoratori stagionali, si preferisce migrare al Nord. Purtroppo con la crisi economica in atto non ci sarà il boom economico che , calando nel tempo,ha trascinato, seppur a fatica , il carro dell’immigrazione. A breve molti , esaurito soldi e speranza torneranno a casa mentre per i clandestini si aprirà , se non ci saranno provvedimenti in merito, la caccia al clandestino disoccupato e irregolare. Dal sud si scappa per tanti motivi ,principalmente per il lavoro e per le politiche di conciliazione casa- lavoro inesistenti. Questo spiega anche i tassi di natalità più elevati al nord che consentono alle donne di conciliare il proprio impegno lavorativo con il loro ruolo di mamma.
Micky Satriano

venerdì 12 dicembre 2008

Vogliono intimidirci- dopo De Magistris tocca alle voci libere.Vulpio rimosso.Adesso bisogna Resistere Resistere Resistere


Avevo fatto una battuta: avevo detto: i giornalisti, a differenza dei magistrati, non possono essere trasferiti. Avrei fatto meglio a stare zitto. Da lì a poco sarei stato “trasferito” anch’io. E’ stato la sera del 3 dicembre, dopo che sul mio giornale era uscito un mio servizio da Catanzaro sulle perquisizioni e i sequestri ordinati dalla procura di Salerno nei confronti di otto magistrati calabresi e di altri politici e imprenditori. http://www.carlovulpio.it/Lists/Roba20Nostra/DispForm.aspx?ID=12 Come sempre, non solo durante questa inchiesta, ma perché questo è il mio modo di lavorare, avevo “fatto i nomi”. E cioè, non avevo omesso di scrivere i nomi di chi compariva negli atti giudiziari (il decreto di perquisizione dei magistrati di Salerno, che trovate su questo blog in versione integrale) non più coperti da segreto istruttorio. Tutto qui. Nomi noti, per lo più. Accompagnati però da qualche “new entry”: per esempio, Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, Mario Delli Priscoli, procuratore generale della Corte di Cassazione, Simone Luerti, presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Con una telefonata, il giorno stesso dell’uscita del mio articolo, la sera del 3 dicembre appunto, invece di sostenermi nel continuare a lavorare sul “caso Catanzaro” (non chiamiamolo più “caso de Magistris”, per favore, altrimenti sembra che il problema sia l’ex pm calabrese e non ciò che stanno combinando a lui, a noi, alla giustizia e alla società italiana), invece di farmi continuare a lavorare – dicevo –, come sarebbe stato giusto e naturale, sono stato sollevato dall’incarico. Esonerato. Rimosso. Congedato. Trasferito. Con una telefonata, il mio direttore, Paolo Mieli, ha dichiarato concluso il mio viaggio fra Catanzaro e Salerno, Potenza e San Marino, Roma e Lamezia Terme. Un viaggio cominciato il 27 febbraio 2007, quando scoppiò “Toghe Lucane” (la terza inchiesta di de Magistris, con “Poseidone” e “Why Not”). Un viaggio che mi fece subito capire che da quel momento in poi nulla sarebbe stato più come prima all’interno della magistratura e in Italia. Tanto è vero che successivamente ho avvertito la necessità di scrivere un libro (“Roba Nostra”, Il Saggiatore), che, dicevo mentre lo consegnavo alle stampe, “è un libro al futuro”. Una battuta anche questa, certo, perché come si fa a prevedere il futuro? In un libro, poi, che si occupa di incroci pericolosi tra politica, giustizia e affari sporchi… Ma si vede che negli ultimi tempi le battute mi riescono piuttosto bene, visto che anche questa, come quella sul “trasferimento” dei giornalisti, si è avverata. Avevo detto – e lo racconto in “Roba Nostra” – che in Basilicata l’anno scorso è stato avviato un esperimento, che, se nessuno fosse intervenuto, sarebbe stato riprodotto da qualche altra parte in maniera più ampia e più disastrosa. E’ accaduto che mentre la procura di Catanzaro (c’era ancora de Magistris) stava indagando su un bel numero di magistrati lucani, di Potenza e di Matera, la procura di Matera (gli indagati) si è messa a indagare sugli indagatori (de Magistris). Come? Surrettiziamente. E cioè? Si è inventato il reato di “associazione a delinquere finalizzato alla diffamazione a mezzo stampa” e ha messo sotto controllo i telefoni di cinque giornalisti (me compreso) e un ufficiale dei carabinieri (quello delegato da de Magistris per le indagini sui magistrati lucani). Così facendo, i magistrati indagati hanno potuto conoscere cosa si dicevano gli indagatori (de Magistris e l’ufficiale delegato a indagare). Avvertivo: guardate che così va a finire male. Chiedevo: caro Csm, caro Capo dello Stato, intervenite subito. Niente. Nemmeno una parola, un singulto, un cenno. Nemmeno quando era chiaro a tutti che quei magistrati lucani, al di là di ogni altra considerazione, vedevano ormai compromessa la loro terzietà. Un magistrato - si dice sempre, e a ragione -, come la moglie di Cesare, deve non soltanto “essere”, ma anche “apparire” imparziale, terzo, non sospettabile di alcunché. Per i magistrati lucani, invece, non è così. Nonostante siano parti in causa, essi continuano a indagare sugli indagatori, chiedono e ottengono proroghe di indagini (siamo alla quarta) perché, dicono, il reato che si sono inventati, l’associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa, è complicatissimo. E rimangono al proprio posto nonostante le associazioni regionali degli avvocati ne chiedano il trasferimento, per consentire un funzionamento appena credibile della giustizia. Niente. Si è lasciato incancrenire il problema ed ecco replicato l’esperimento a Catanzaro. La “guerra” fra procure non è altro che la riproduzione di quel corto circuito messo in atto da indagati che indagano sui loro indagatori, affinché, rovesciato il tavolo e saltate per aria le carte, non si sappia più chi ha torto e chi ha ragione perché, appunto, “c’è la guerra”. E dopo la “guerra”, ecco la “tregua” o, se preferite, “l’armistizio” (così, banalmente ma non meno consapevolmente, tutti i giornali, salvo rarissime eccezioni di singoli commentatori). Guerra e tregua. E’ questo il titolo dell’ultima, penosa sceneggiata italiana su una vicenda, scrivo in “Roba Nostra”, che è la “nuova Tangentopoli” italiana. Quando, sei mesi fa, è uscito il libro, qualcuno mi ha chiesto se non esagerassi. Adesso, l’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, dichiara: “Ciò che sta accadendo oggi è peggio di Tangentopoli”. E Primo Greganti, uno che se ne intende, ammette anche lui, che “sì, oggi è peggio di Tangentopoli”. Infine, una curiosità, o una coincidenza, o un suggerimento per una puntata al gioco del Lotto, fate voi. Mi hanno rimosso dal servizio che stavo seguendo a Catanzaro il 3 dicembre 2008. Esattamente un anno prima, il 3 dicembre 2007, Letizia Vacca, membro del Csm, anticipava “urbi et orbi” la decisione che poi il Csm avrebbe preso su Clementina Forleo e Luigi de Magistris. “Sono due cattivi magistrati, due figure negative”, disse la Vacca. E Forleo e de Magistris sono stati trasferiti. Per me, più modestamente, è bastata una telefonata. Ma diceva più o meno la stessa cosa. Diceva che sono un cattivo giornalista. Carlo Vulpio
Scadenza

martedì 9 dicembre 2008

Gli strani Vip di Marinagri

Di Maurizio Bolognetti
Che occasione abbiamo perso! Marinagri, la Venezia in riva al Mar Ionio, dolcemente adagiata nel letto del fiume Agri, situata a valle di due dighe, con il suo Ponte dei Sospiri e la sua laguna, avrebbe potuto essere il fiore all’occhiello del turismo lucano. Pensateci! Anziché puntare su un turismo mordi e fuggi, fatto di pendolari, avremmo potuto fare concorrenza agli sceicchi di Abu Dhabi ed essere la metà privilegiata di Vip provenienti da tutto il mondo.
E invece, per colpa di un ufficiale dei Carabinieri, il capitano Zacheo, e di un PM testardo, Luigi De Magistris, quel sogno è miseramente naufragato.
Eppure, patron Vitale aveva fatto di tutto per rendere appetibile ed appaltabile il suo villaggio, arrivando anche ad offrire villini a prezzi super agevolati.
Tra i tanti Vip che avremmo potuto ospitare in quello splendido tratto di costa Ionica, l’ing. Massimo Goti, pezzo da novanta del Ministero dello sviluppo economico.
Sembrerebbe, infatti, che l’ing. Goti, subito dopo aver istruito la pratica relativa ai finanziamenti pubblici da erogare alla Marinagri Spa, folgorato sulla via di Damasco e convinto della bontà del progetto, come altri prima e dopo di lui, abbia acquistato un immobile dalla Maringari, ricevendo uno sconto di ben 84mila euro.
Ma ci pensate?! Un villino di 55 mq, con veranda/balcone di 41 mq, a soli 132.500 euro, anziché al prezzo di listino previsto di 214.500 euro.
Giuro che uomini generosi come Vitale non ne ho mai incontrati in vita mia. Un autentico benefattore, che se solo avesse potuto, se solo non avesse incontrato sulla sua strada due testardi inquirenti, avrebbe potuto cambiare la storia del Metapontino e dell’intera Basilicata a colpi di cemento armato e calcestruzzo.
Di questo ha bisogno la nostra terra: di uomini decisi e capaci di partorire progetti ambiziosi. Uomini che sanno quanto può essere importante per l’immagine della nostra regione attirare vip e funzionari ministeriali addetti all’erogazione di finanziamenti pubblici.
Quanti vip avrebbero potuto affollare la battigia antistante al villaggio e di notte radunarsi sulla spiaggia per ascoltare il canto delle sirene accanto a un falò. Sembra di vederli il Procuratore Chieco, l’ing. Goti e il sindaco Lopatriello, che, accompagnati dai suggestivi accordi della chitarra di Vincenzo Vitale, intonano “Una rotonda sul mare”.



lunedì 8 dicembre 2008

SOGGETTI SOLO ALLA LEGGE

Credono di scampare al controllo totale del potere politico dimostrando che si sanno controllare da soli. Quando dicono "controllare", intendono fare ciò che il potere politico (di loggia) desidera che facciano. E' come se un imputato esentasse i giudici dal giudicarlo comminandosi da solo il massimo della pena. Una sorta di suicidio giudiziario. Anzi meglio, la rivendicazione del diritto all'eutanasia giudiziaria. Poveri magistrati! Sarei curioso di conoscere quanti di loro sono iscritti all'ANM e cosa aspettano a creare una libera associazione alternativa, quelli che non lo sono (e quelli che, non potendo non vergognarsi di esserlo, si dimetteranno come fece Luigi de Magistris un anno fa). Il Sen. Antonio Di Pietro sbaglia a commentare le proposte di trasferimento (di Iannelli e Apicella) come se fossero decisioni già assunte. Per adesso non c'è stato alcun trasferimento, bensì una semplice proposta sulla quale il Plenum dovrà esprimersi e votare. Farebbe bene (Di Pietro) e farebbero bene i magistrati della costituenda nuova associazione di magistrati (che suggerirei di chiamare: "Soggetti solo alla Legge") a manifestare fermamente ed apertamente il loro pensiero. E' indispensabile che la "gente comune", sballottata fra questioni tecniche di cui non comprende l'esatta portata, sia messa in grado di avere le idee chiare e possa prendere una posizione anch'essa. Piagnucolare sulle ingiuste e servili decisioni del CSM e rivendicare la capacità di autoflagellarsi non serve a nulla, se non a confermarsi nell'idea che i poteri forti sono troppo forti. Tanto da essere al di sopra della Legge.(N. Picenna)

Firma la petizione (riservata ai magistrati) per la costituzione di una associazione di magistrati indipendenti (la libertà di associazione è un principio garantito dalla Costituzione). Vediamo chi esce allo scoperto e chi preferisce tenersi tutto dentro (magari alzando la voce con i lavavetri o commentando dal barbiere).

Maurizio Bolognetti intervistato su R.R. su inchiesta di Catanzaro

venerdì 5 dicembre 2008

Henry John Woodcock trasferisce a Roma l'inchiesta sul centro di accoglienza degli immigrati di Policoro

Si parla con insistenza di intercettazioni ambientali che coinvolgerebbero amministratori locali
E' stata trasmessa dalla Procura della Repubblica di Potenza a quella di Roma, per competenza territoriale, parte dell’inchiesta avviata dal pm potentino Henry John Woodcock su presunte irregolarità nell’affidamento della gestione di alcuni servizi di ristorazione nei centri provvisori di accoglienza per immigrati. Sembrerebbe che vi sono diversi indagati, tra i quali alcuni prefetti e dirigenti in servizio al Ministero dell’interno .Si parla tra gli altri di un coinvolgimento di amministratori locali, importanti sarebbero le intercettazioni dove emergerebbero che in cambio di posti di lavoro questi assicuravano impegno per il centro. Su questo filona la magistratura non ha ancora deciso il da farsi . Al Viminale, nei giorni scorsi, gli investigatori hanno acquisito vari documenti ritenuti utili alle indagini. I servizi di ristorazione nei 49 centri provvisori per gli immigrati – sulla base del decreto del governo che ha proclamato lo stato di emergenza per l’immigrazione clandestina su tutto il territorio nazionale – sono stati affidati mediante trattativa privata: gli investigatori sospettano irregolarità nei servizi di mensa attribuiti alla società Auxilium, collegata alla cooperativa di ristorazione collettiva “La Cascina”. L'indagine giudiziaria ha avuto origine dalla verifica di presunte irregolarità nella proroga del servizio di ristorazione all’ospedale San Carlo di Potenza. Il pm Woodcock sta lavorando inoltre anche ad altri appalti sulle mense perchè su tale filone si stanno aprendo degli interessanti filoni di indagine .

mercoledì 3 dicembre 2008

De Filippo, Tremonti , Alsia: diffida del PRC con notifica dell' ufficiale giudiziario

COMUNICATO STAMPA
Settimane or sono la federazione provinciale del P.R.C., nel diffondere un dossier sulla vicenda Marinagri di Policoro, ha annunciato che avrebbe invitato il Ministro dell’Economia, On. Giulio Tremonti, il dott. Vito De Filippo, presidente della Giunta Regionale della Basilicata e il legale rappresentante dell’ALSIA ad agire, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, per il recupero dei terreni, di proprietà pubblica, non legittimamente detenuti da società facenti capo al gruppo Marinagri. Trattasi di circa 150 ettari di terra espropriati nel 1973 all’Ente per la Riforma Fondiaria per la realizzazione di una attività industriale mai realizzata sicchè, come la legge prescrive, i beni debbono essere restituiti all’Ente Pubblico. Altri 35 ettari furono gratuitamente attribuiti ad una delle società del gruppo per accessione a seguito della modifica del corso del fiume Agri. Senonchè, le indagini della Procura della Repubblica di Catanzaro hanno evidenziato che anche quelle superfici debbono appartenersi ad Enti Pubblici. Tenendo fede all’impegno assunto, il P.R.C. ha consegnato al competente ufficiale giudiziario gli atti di diffida da notificarsi nelle forme di legge.
Informeremo l’opinione pubblica dei provvedimenti che le autorità destinatarie dell’invito-diffida adotteranno nei prossimi 30 giorni assumendo l’ulteriore impegno di denuncia alla magistratura in sede penale in caso di ulteriore inerzia. Tanto senza trascurare le altre possibili iniziative finalizzate a restituire al patrimonio pubblico quanto indebitamente sottratto.
Policoro, 2 dicembre 2008.
Ottavio Frammartino
Segretario Provinciale P.R.C.
Matera

De Magistris e l’assoluta estraneità da tutte le gravi accuse

Così concludono, alla Procura di Salerno, l’inchiesta condotta a carico del Dr. Luigi de Magistris. Mille pagine, per formulare un giudizio di “assoluta estraneità del De Magistris da tutte le gravi accuse ascritte al medesimo dai denuncianti” e richiedere l’archiviazione del procedimento penale. L’ordinamento giudiziario, fondato su principi costituzionali, è basato sull’obbligatorietà dell’azione penale. Se qualcuno ipotizza l’esistenza di comportamenti che violano l’ordinamento giudiziario a carico di qualcun altro e se questa ipotesi viene ad essere conosciuta da un magistrato della Procura della Repubblica, questi ha l’obbligo (non la facoltà, non la discrezionalità) di procedere all’iscrizione di un procedimento penale, di svolgere le indagini per approfondire la “notitia criminis” e, ove ne avesse riscontro e prova, alla formulazione di una richiesta di rinvio a giudizio. Semplice, elementare, quasi banale. Così si spiega l’apparente contraddizione del caso “De Magistris”. Un magistrato che, avendo avuto notizia di reato e quindi obbligato dall’ordinamento costituzionale a farlo, aveva avviato alcune importanti inchieste (Toghe Lucane, Why Not, Poseidone). Mentre indagava, alcuni degli indagati indagavano sulle sue indagini ma, si badi bene, non avendo ricevuto una denuncia ovvero per aver conosciuto una “notitia criminis” a carico del PM catanzarese. Indagavano per caso, una pura coincidenza, un’indagine da cui mai avrebbero pensato potessero scaturire connessioni con i procedimenti tenuti da De Magistris. E quando la D.ssa Annunziata Cazzetta si era accorta che il giornalista parlava di fatti gravi e potenzialmente degni di investigazione giudiziaria, quando aveva ascoltato le telefonate in cui si segnalavano gravi ipotesi di reato a carico del Dr. Giuseppe Chieco (suo superiore gerarchico alla Procura di Matera), quando aveva realizzato che anche il Dr. Angelo Onorati (Gip che autorizzava per mesi le intercettazioni in cui si parlava anche di lui e delle sue attività giudiziarie) era oggetto di investigazioni da parte del Dr. De Magistris, quando aveva disposto l’interrogatorio del Dr. Mario Altieri per accertare cosa avesse dichiarato nell’interrogatorio reso davanti al PM di Catanzaro ed in particolare cosa avesse riferito su fatti e comportamenti del Dr. Giuseppe Chieco e del Dr. Angelo Onorati, allora era giunta (Cazzetta) ad una serie di determinazioni. Aveva trasmesso alcuni atti della sua inchiesta al Dr. Vincenzo Tufano (Proc. Gen. a Potenza, indagato nell’inchiesta “Toghe Lucane”), altri direttamente alla Procura di Salerno. Eh sì! Perché quando un magistrato conosce una “notitia criminis” ha l’obbligo di procedere penalmente e, ove non ne avesse la competenza territoriale, comunicare a “chi di dovere”. Adesso è chiaro che, venendo meno le accuse contro De Magistris, bisogna verificare se non vi siano responsabilità a carico di coloro che le accuse le avevano formulate. Di coloro che, non avendone la titolarità ed essendone perfettamente edotti, avessero impropriamente indagato, acquisito atti, costruito ipotesi, col solo scopo di sottrarsi alle indagini ovvero sviarne le risultanze ovvero depotenziare i testimoni “scomodi”. Nonostante il giudizio di “assoluta estraneità del Dr. DE MAGISTRIS da tutte le gravi accuse al medesimo ascritte dai denuncianti”, il CSM ha ritenuto giusto ed opportuno comminargli la sanzione della censura e del trasferimento. Figurarsi cosa comminerà a carico di coloro che dovessero risultare correi delle gravi accuse che la Procura di Salerno muove a carico di chi, non avendone la titolarità e con perfetta conoscenza e coscienza, ha posto in essere il più grave attentato alla Costituzione Repubblicana di cui si abbia evidenza in atti giudiziari. Resta il rammarico dei tempi. Non è giusto lasciar passare anni per interrompere reati in atto, per impedire alle associazioni per delinquere (fossero anche quelle fantascientifiche per la diffamazione a mezzo stampa) di continuare a delinquere. Non è opportuno lasciar credere alla gente comune che esiste una casta d’intoccabili, impermeabili ed impunibili, che si collocano al di sopra delle Leggi e delle Regole. Occorre dare segnali precisi, chi è preso con le mani nel sacco deve essere messo in condizioni da non poter avere altri sacchi in cui rovistare. È semplice, tragico e banale contemporaneamente. È la Giustizia, bellezza!
Pubblicato da N.Piccenna (dal blog toghe Lucane )

Procure sulle inchieste avocate a De Magistris. Perquisizioni, avvisi, pesanti accuse. Indagati anche imprenditori


L'inchiesta che oggi ha portato in Calabria diversi magistrati della Procura della Repubblica di Salerno, carabinieri e poliziotti per l'esecuzione di perquisizioni e sequestri, nonche' notifiche di avvisi di garanzia a carico, fra gli altri, di diversi magistrati in servizio a Catanzaro, ha per oggetto anche le due vicende della revoca dell'assegnazione del procedimento cosiddetto "Poseidone" all'allora pm Luigi De Magistris, nonche' l'avocazione allo stesso del pm dell'altra inchiesta denominata "Why not", e le relative archiviazioni di alcuni degli indagati eccellenti coinvolti nei due casi. Secondo la Procura di Salerno, "la sottrazione dei procedimenti Poseidone e Why Not all'allora pm De Magistris e la loro successiva gestione e' servita a fermare il predetto magistrato, danneggiare lui, consulenti tecnici e persone informate sui fatti, ostacolare le inchieste, smembrarle, disintegrarle e favorire taluni indagati". Di qui il coinvolgimento nell'inchiesta di Salerno anche di diversi magistrati in servizio a Catanzaro. L'inchiesta Poseidone venuta alla luce nel 2005 e partita da presunti illeciti nella gestione dei fondi per l'emergenza ambientale in Calabria, si era via via allargata fino a ricomprendere settori e attivita' diversi con il comune denominatore di presunti intrecci, "colleganze affaristiche - scriveva all'epoca De Magistris - tra societa' e persone riconducibili, anche indirettamente, ad amministratori pubblici facenti parte di opposti schieramenti, in tal modo delineandosi un controllo di fette rilevanti di spesa pubblica".

Il caso Poseidone scoppiava, piu' precisamente, il 16 maggio 2005, con la notifica di 12 avvisi di garanzia: fra gli indagati l'ex presidente della Regione Calabria nonche' ex commissario per l'emergenza ambientale, Giuseppe Chiaravalloti; l'ex responsabile unico del procedimento presso l'Ufficio per l'emergenza e consigliere d'amministrazione dell'Anas, Giovanbattista Papello; l'ex assessore all'Ambiente Domenico Basile. Ma molti altri nomi di primo piano vennero coinvolti nel corso dei mesi nell'inchiesta. Fra essi, quello dell'avvocato e parlamentare Giancarlo Pittelli, gia' coordinatore di Forza Italia in Calabria. Proprio a seguito della notifica di un avviso di garanzia a Pittelli, il 29 marzo del 2007 l'allora procuratore della Repubblica di Catanzaro, Mariano Lombardi, revocava la delega di Poseidone al sostituto procuratore Luigi De Magistris, prima di astenersi lui stesso dal caso.
I politici indagati. L'inchiesta venne in seguito affidata dal procuratore aggiunto Salvatore Murone al sostituto procuratore Salvatore Curcio il quale, agli inizi dello scorso aprile, ha chiesto l'archiviazione delle posizioni di dieci indagati, tra cui il segretario nazionale dell'Udc, Lorenzo Cesa, il deputato dell'Udc Giuseppe Galati, l'allora senatore e coordinatore regionale di Forza Italia in Calabria, Giancarlo Pittelli, ed il generale della Guardia di Finanza Walter Cretella Lombardo, l'ex presidente della Regione Giuseppe Chiaravalloti. Rispetto alla revoca dell'inchiesta Poseidone all'ex pm De Magistris, ritenuta dai magistrati di Salerno illegale, il reato di concorso in corruzione in atti giudiziari e' contestato all'ex procuratore della Repubblica di Catanzaro Mariano Lombardi, all'aggiunto Salvatore Murone, ed all'avvocato e parlamentare Giancarlo Pittelli (Pdl), far i quali sarebbero emersi "rapporti di interesse di vario tipo". Inoltre, al procuratore generale di Catanzaro Enzo Iannelli, ai sostituti procuratori generali Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, ed al sostituto procuratore Salvatore Curcio sono contestati i reati di abuso d'ufficio, favoreggiamento e falso ideologico, tutti in concorso, "con riferimento ai provvedimenti di stralcio ed alle richieste di archiviazione, ritenute illegali, effettuati nei riguardi, tra gli altri, dell'on. Pittelli, del generale Cretella Lombardo, dell'on. Galati, di Chiaravalloti, dell'on. Cesa".
Inchiesta Why Not e logge coperte. Anche l'avocazione di "Why not", e le successive attivita' d'indagine svolte dopo la sua sottrazione all'allora pm di Catanzaro Luigi De Magistris sono oggetto dell'inchiesta della Procura di Salerno che, oggi, ha portato a numerose perquisizioni e sequestri in Calabria. L'indagine "Why not", su una presunta loggia "coperta", un comitato d'affari fatto di politici, imprenditori, uomini delle Istituzioni, che si sarebbe occupato di distrarre fiumi di denaro pubblico, provenienti da Bruxelles e diretti in Calabria, passando per Roma. Nell'inchiesta, nel luglio 2007, venne iscritto come indagato anche l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi. Il 14 ottobre seguente fu iscritto nel registro degli indagati anche l'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, il cui nome era emerso nell'inchiesta gia' nei mesi precedenti. Il 21 settembre, intanto, lo stesso Guardasigilli - che gia' aveva piu' volte inviato gli ispettori del ministero a Catanzaro - chiese al Consiglio superiore della magistratura l'immediato trasferimento cautelare dal capoluogo calabrese e l'avvio di un procedimento disciplinare a carico di De Magistris (poi conclusosi proprio col il trasferimento del magistrato a Napoli). Il giorno 19 ottobre 2007, infine, l'allora procuratore generale di Catanzaro facente funzioni, Dolcino Favi, avoco' a se' l'inchiesta Why not, togliendola a De Magistris. Il nuovo pg nel frattempo giunto a Catanzaro, Enzo Iannelli, affido' Why not a diversi magistrati, il cui numero e' aumentato nel corso dei mesi. Agli inizi di marzo 2008 fu lo stesso Iannelli ad avanzare all'ufficio gip di Catanzaro una richiesta di archiviazione per Mastella, accolta il primo aprile. A giugno scorso, infine, il procuratore di Salerno Luigi Apicella si reco' a Catanzaro, proprio per acquisire atti dell'inchiesta. La Procura campana, oggi, ritenendo illegale l'avocazione di Why not, rispetto ad essa contesta il concorso in corruzione in atti giudiziari all'avvocato generale dello Stato ex pg facente funzioni Dolcino Favi, all'allora procuratore della Repubblica Mariano Lombardi, al procuratore aggiunto di Catanzaro Salvatore Murone, all'avvocato e parlamentare Giancarlo Pittelli, e ad Antonio Saladino, gia' leader della Compagnia delle opere in Calabria ed uno dei principali indagati di Why not.
Illegale avocazione di Why Not. Per quanto attiene all'inchiesta "Why not", secondo la Procura di Salerno essa sarebbe stata avocata a Luigi De Magistris in maniera illegale. Per gli inquirenti, inoltre, sarebbe stata dovuta l'attivita' investigativa nei confronti dell'ex ministro Clemente Mastella, la cui posizione fu in seguito archiviata dal pool subentrato al pm napoletano. I magistrati campani scrivono infatti nel decreto di perquisizione e sequestro la cui esecuzione e' in corso da stamane, come sia "emerso che corretta e doverosa era l'indagine del dott. De Magistris nei confronti dell'allora ministro della Giustizia Clemente Mastella e che l'avocazione del fascicolo ha impedito la prosecuzione della stessa anche nei confronti di Mastella". I magistrati di Salerno scrivono, nel provvedimento destinato agli indagati, di una "patologica attivita' di interferenza in un disegno corruttivo teso a favorire, tra gli altri, Antonio Saladino, Giancarlo Pittelli, ed il ministro della Giustizia Mastella". Sempre relativamente a Why not, i magistrati considerano illegale la revoca dell'incarico al consulente tecnico d'ufficio Gioacchino Genchi, inizialmente nominato da De Magistris. Rispetto a cio' il concorso in abuso d'ufficio, il favoreggiamento ed il falso ideologico sono contestati all'avvocato generale facente funzioni di procuratore generale Dolcino Favi, all'allora procuratore capo Mariano Lombardi, ed all'aggiunto Salvatore Murone. Riguarda invece la vicenda dei tabulati telefonici acquisiti da De Magistris nell'ambito delle indagini un ulteriore capo d'imputazione contestato dalla Procura di Salerno. Il pool campano, infatti, contesta al procuratore generale di Catanzaro Enzo Iannelli, a Favi, ai sostituti procuratori generali Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo i reati di concorso in abuso d'ufficio, favoreggiamento e falso ideologico, con riferimento alle deleghe conferite al Ros dei carabinieri di Roma per l'analisi dei tabulati, in quanto "si prospettavano falsamente illegittimita' ed illiceita' che sarebbero state commesse dal pm dott. De Magistris, anche con strumentali segnalazioni disciplinari nei confronti di quest'ultimo". Secondo gli inquirenti, invece, "non e' emersa alcuna irregolarita' di De Magistris con riferimento alla vicenda relativa all'acquisizione dei tabulati in cui compare anche un'utenza riferibile all'allora ministro Mastella".
Ipotizzati reati di abuso d'ufficio e falso ideologico. La richiesta di archiviazione della posizione dell'ex ministro della giustizia Clemente Mastella, inizialmente indagato da Luigi De Magistris nell'inchiesta "Why not", è¨ finita sotto la lente dei magistrati della Procura di Salerno, che ora indagano a carico di diversi soggetti, tra cui molti magistrati in servizio a Catanzaro. In particolare, i reati di concorso in abuso d'ufficio, falso ideologico, favoreggiamento e calunnia vengono contestati al procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli, ai sostituti procuratori generali Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, "con riguardo all'illecita richiesta di archiviazione nei confronti dell'ex ministro della Giustizia Mastella". La Procura di Salerno, nei decreti di perquisizione e sequestro notificati oggi a diversi indagati, evidenzia che "l'iscrizione di Mastella nel registro degli indagati da parte di De Magistris fu doverosa in quanto vi erano plurimi elementi indiziari per procedere nei suoi confronti". "De Magistris - sempre secondo i magistrati campani - è¨ stato oggetto di calunnia in quanto si è voluto far credere che egli avesse un conflitto di interesse nei confronti dell'allora ministro Mastella, il quale chiedeva il trasferimento del pm che faceva indagini in un procedimento che vedeva coinvolto anche lo stesso Mastella" 100 pagine di accuse. "Poseidone" e "Why not" sotto sequestro. Nel voluminoso provvedimento di oltre 1.500 pagine, cui oggi hanno dato esecuzione in Calabria magistrati, carabinieri e polizia di Salerno, i pm campani dedicano circa 100 pagine all'enunciazione dei dettagliati capi d'accusa formulati, tra gli altri, a carico di diversi magistrati in servizio a Catanzaro nell'ambito dell'inchiesta su presunti illeciti che sarebbero stati commessi per compromettere le attivita' d'indagine condotte dall'allora pm Luigi de Magistris, recando a lui ed ai suoi collaboratori piu' danni possibili. Oggetto dell'inchiesta del pool salernitano sono, anche e soprattutto, la revoca a De Magistris dell'inchiesta "Poseidone", l'avocazione allo stesso pm dell'inchiesta "Why not", e le attivita' svolte successivamente dai magistrati cui sono state assegnate. In tale contesto, la Procura Campana ha disposto il sequestro dei procedimenti "Why not" e "Poseidone", e "di tutti gli stralci intervenuti con riferimento alle due inchieste, in quanto ritenuti gestiti con la finalita' di favorire indagati, danneggiare loriginario titolare dott. De Magistris, persone informate sui fatti e consulenti tecnici nominati dall'originario pm"

lunedì 1 dicembre 2008

Amministrazione Provinciale: tra affarismo e clientela

Dopo il concorso truffa dell’Apea denunciato dal PRC di Matera, dove già su un bando pende una sentenza di sospensione del TAR, , l’amministrazione Provinciale bandisce una selezione per esperti esterni dell’ageforma scandalosa.Il termine dato dall’ente per essere ammessi alla selezione e di soli 7 giorni dalla pubblicazione e con criteri del tutto descrizionali Non è difficile capire che a questo punto ho si è fortunati o amici degli amici , per avere l’opportunità di partecipare. Questo modo di agire dell’amministrazione Nigro che sempre più si sta caratterizzando per una politica malata di clientelismo e affarismo, incapace di introdurre pratiche trasparenti dove il diritto si coniughi con il merito e l’opportunità per tutti , ci porta ad opporci in tutte le sedi contro un altro provvedimento truffa. Prendiamo anche atto che tutti gli sforzi per la costruzione di un progetto di alleanze per la prossima amministrativa, sono minate da atti gestionali inaccettabili, e che arrivati a questo punto si possono ricomporre solo con una forte discontinuità da quest’esperienza fallimentare sia sull’aspetto etico sia della gestione. Partendo proprio da questa questione il PRC di Matera si attiverà su tutto il territorio provinciale con una campagna dal titolo “ ci fanno pagare la crisi e ci rubano l’opportunità ” per informare i tanti giovani e lavoratori che ancora una volta un governo provinciale che si dice di centrosinistra nega a loro l’opportunità di partecipare a un bando.
Il segretario Prov.le PRC
Frammartino Ottavio