Che
la legge regionale voluta da Pittella che metteva fuori dal patto di stabilita le royalty del
petrolio fosse un bluff o un grande spot elettorale , era chiaro visto che il fiscal
compatc e nella costituzione , ma dato che sognare non era reato , ci
aspettavamo anzi ci illudevano anche noi investiti dal pittellismo
rivoluzionario , che il governatore la spuntasse , invece il governo è il suo
amico Renzi la impugnano.
E
Renzi inpugna questa legge tanto propagandata dal Gladiatore e lo fa in un momento inopportuno ,
lanciando l'ennesima sfida . con l’intenzione di umiliare in modo palese la Basilicata e
dimostrare come la sua classe politica e succube ed asservita non agli
interessi della sua terra e del suo popolo ma quella della Logica del suo CAPO.
Quasi
a sussurrarci a voce alta “ragazzi dei comitatini calma e sangue freddo , qua comando io e
faccio quello che voglio io. Non mi faccio comandare da 4 gatti , perché tanto
siete , e i vostri rappresentanti fanno esattamente quello che voglio io”.
Al
gladiatore che ieri alla notizia di quest’ultima caporetto , non ha reagito neanche con una che sia una dichiarazione , anche questa volta non è rimasto che
chinare il capo davanti al proprio imperatore e ritirarsi. Adesso non gli
rimane che tenere in mano il cappello dell'elemosina ed aspettare lo sblocca
Italia o AVVELENA BASILICATA, la svendita A SALDO DI QUESTA TERRA all’eni che ieri è finita in un’inchiesta (l’ennesima)
milanesE , in cui i suoi dirigenti sono accusati di corruzione e mega tangenti in Nigeria. Infatti noi ci chiediamo
se sia solo in Nigeria
Si parla di una presunta (tratto dalla stampa) maxi-tangente da 1 miliardo e 92 milioni di dollari che sarebbe stata pagata da
Eni per l’acquisto della concessione del giacimento petrolifero “Opl-245” in
Nigeria e la cui “fetta” più consistente, circa 800 milioni, sarebbe stata
ripartita tra politici e intermediari africani, mentre la restante parte, circa
200 milioni, sarebbe stata destinata a mediatori e manager italiani e europei.
È un nuovo capitolo di presunta corruzione internazionale con al centro il
colosso dell’energia e su cui sta lavorando la Procura di Milano che ha
iscritto nel registro degli indagati anche il nuovo ad del “cane a sei zampe”,
Claudio Descalzi, e il lobbista di lungo corso Luigi Bisignani.
I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro sono anche riusciti a
bloccare una parte della presunta “maxi-stecca”, circa 193 milioni di dollari.
Gli inquirenti, infatti, hanno chiesto e ottenuto nei mesi scorsi il sequestro
in Svizzera di circa 110 milioni e ieri le autorità inglesi, sempre su
richiesta della Procura, hanno “congelato” altri 83 milioni. Eni, indagata in
base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, ha voluto
ribadire «la sua estraneità da qualsiasi condotta illecita», assicurando la
«massima collaborazione alla magistratura».
Descalzi, nominato solo qualche mese ad di Eni dal Governo Renzi,
è indagato per corruzione internazionale per presunti fatti commessi nel 2011
quando era a capo della Divisione Exploration & Production. E tra gli
indagati figurano anche l’ex ad Paolo Sacroni e il nuovo responsabile della
Divisione esplorazioni, Roberto Casula.