martedì 21 ottobre 2014

Quando l'assessore intasco due Volte.Pranzo «alla romana» ma l'assessore chiese rimborso anche alla Regione

le fatture dell'assessore F.to Gazzetta del Mezzogiorno

























POTENZA - Un pranzo per 54 persone, tra cui alcuni dipendenti del Dipartimento alle Infrastrutture, costato 1.620 euro alla Regione Basilicata nel 2011, ma «fruttato» il doppio all’allora assessore regionale Rosa Gentile (ora presidente di Acquedotto lucano), che non solo se lo è fatto rimborsare dall’ente, ma ha chiesto anche ai commensali di darle la loro quota (30-35 euro a testa). C’è poi chi ha abusato del telefono per quasi 6mila euro, chi ha ospitato persone «non autorizzate» nella camera da letto e poi si è fatto rimborsare dalla Regione e chi ha detto il falso - secondo l’accusa - pur di salvare l’ex governatore. La Procura di Potenza ha chiesto il rinvio a giudizio per 14 persone tra cui dieci ex consiglieri regionali. L’udienza preliminare comincia oggi in tribunale a Potenza.

Per quel pranzo l’ex assessore e attuale presidente di Acquedotto lucano Rosa Gentile è stata accusata di peculato. Ma a vedersi notificare l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare sono stati anche gli ex consiglieri regionali Antonio Autilio, Roberto Falotico, Agatino Mancusi, Franco Mattia, Nicola Pagliuca, Mario Venezia, Vincenzo Viti, Vincenzo Ruggiero, Giacomo Nardiello, il dipendente regionale Nicola Brenna (a cui viene contestato di aver detto il falso per «assicurare l’impunità» all’ex presidente della giunta, Vito De Filippo per la storia del rimborso per i francobolli), la ristoratrice Carmela Mancino e i commercialisti Angelo Santo Galgano ed Emanuele Ascanio Turco.

Diverse le spese contestate tra cui il cambio di pneumatici, fatture false e mai emesse dalle ditte, conti di ristoranti e hotel con mogli, figli o «persone non identificate», e un documento fiscale relativo all’acquisto per il gruppo consiliare dei Dem di un’automobile di proprietà del cugino del capogruppo, e poi rivenduta allo stesso allo stesso consigliere. Spese diverse, quindi, per somme diverse: da poche centinaia di euro ad un totale di 33mila e 300 euro. Si tratta del secondo filone dell’inchiesta «Rimborsopoli».

Il troncone principale è già a giudizio. L’ex assessore regionale alla Sanità, Attilio Martorano, che scelse il rito abbreviato, è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione (il pm Francesco Basentini aveva chiesto 2 anni). Gli altri consiglieri regionali accusati di aver lucrato sui rimborsi della Regione Basilicata furono invece rinviati a giudizio.

La prima udienza del processo per la prima «Rimborsopoli» si terrà il 31 ottobre. In quella sede dovranno difendersi il presidente della giunta regionale Marcello Pittella e l’ex governatore ora sottosegretario Vito De Filippo. C’è tutta la vecchia giunta. E poi ci sono i consiglieri.

L’inchiesta, che oltre un anno fa portò all’emissione di misure cautelari nei confronti di due ex assessori di centrosinistra e di un consigliere di centrodestra, ha riguardato i resoconti delle spese presentate agli uffici regionali dai consiglieri e dai gruppi consiliari. I controlli sono stati effettuati da carabinieri, polizia di Stato e Guardia di finanza, confrontando le fatture allegate alle richieste di rimborso con l’ammissibilità di queste ultime in base alle norme. La Regione è costituita parte civile. E ha creato una situazione inedita: l’ente contro se stesso. Chi ha firmato la richiesta è la giunta uscente, ovvero presidente e assessori che risultano tra gli imputati. Per loro non c’è costituzione di parte civile. Il gup ha ammesso la richiesta per tutti gli imputati, tranne che per coloro che hanno votato la delibera che dava mandato all’ufficio legale regionale di preparare la richiesta di costituzione di parte civile. La nuova giunta non ha fatto lo stesso. E ora per Vito De Filippo e i suoi assessori non c’è richiesta di risarcimento del danno da parte della Regione. La costituzione di parte civile però potrà essere presentata alla prima udienza del dibattimento, se il giudice dovesse decidere di rinviare a giudizio gli imputati. 

di Fabio Amendolara