domenica 19 aprile 2015

Un nemico più insidioso: nuovi rischi dell’alcol. Prime bevute a 13 anni

Chi fa abuso di alcol ha sempre meno anni e non beve abitualmente, bensì è incline al «binge drinking », l’equivalente liquido di un’abbuffata episodica ma ricorrente

di Daniela Natali

Tratto Dal Corriere della Sera

Fino a non molto tempo fa quando si pensava all’alcolista veniva in mente 
il cliché  del vecchio dalla barba sfatta e afflitto dalla cirrosi. Oggi tutto è diverso. 
«Adesso chi beve non è quasi mai considerato uno “perso”, un “drop out”,
 ma piuttosto un tipo “giusto”, uno che “spacca” come dicono i giovani — 
esordisce Emanuele Scafato, presidente della Società italiana di alcologia e 
direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità —
. E sono proprio i ragazzi 
( ai quali, è bene ricordarlo, l’alcol non dovrebbe essere venduto)  a
d aver cambiato la complessità del “mondo liquido”. Non solo si incomincia a bere
alcolici a un’età sempre più precoce, ma si è consolidata una modifica sostanziale
 del modello del bere. Il 17% di tutte le intossicazioni alcoliche che giungono nei 
Pronto Soccorso si registra tra i ragazzi, spesso minori, perfino di soli undici, dodici anni,
 vittime del «binge drinking», il corrispondente alcolico dell’abbuffata episodica 
ma ricorrente».
La quantità di alcol consumata tra i 16 e i 25 anni influisce sullo sviluppo del cervello dell’adulto
Ma non si tratta forse di bravate, non si esagererà con l’allarmismo? «Niente affatto,
 — ribatte Scafato — consumare sei o più bicchieri in poche ore e anche una sola volta a settimana conduce, al di sotto dei 25 anni, nel giro di poco tempo, a una riduzione del volume 
dell’ippocampo, parte del cervello deputata all’orientamento e alla memoria. 
Il cervello tra i 16 ed i 25 anni va incontro a un rimodellamento che porta alla definizione 
del cervello adulto, ma l’alcol consumato in questa “finestra” di massima vulnerabilità
 interferisce sul suo sviluppo, cristallizzando le modalità cognitive e comportamentali
 in una fase in cui prevale l’attività cerebrale legata all’impulsività e all’emotività,
 tipiche della gioventù». Perché oggi si inizia a bere così presto? 
«I giovanissimi non bevono in solitudine, per dimenticare i loro guai: la bevuta 
è il modo per entrare al far parte del gruppo, per sentirsi disinibiti. 
E la sbornia non è quasi mai un incidente di percorso, ma quello che si cercava. 
Difficile capire quando il bere diventa un problema e per i giovani 
è tutto più rapido e tragico. Alla particolare vulnerabilità, connessa 
all’incapacità di metabolizzare l’alcol, si aggiunge la difficoltà di 
“agganciare” i minori indirizzandoli verso programmi i cui approcci motivazionali 
al cambiamento sono calibrati sugli adulti e fanno leva sull’ affetto per la famiglia,
 i figli, sulle responsabilità connesse al lavoro».
Cambiamenti nelle modalità di assunzione degli alcolici
Il mondo dell’alcolismo è cambiato anche sotto altri aspetti? . «Il consumo abituale di alcol è meno diffuso, — risponde Scafato — ma questo non deve rallegrarci perché è salito, e in tutte le fasce di età, quello occasionale, caratterizzato spesso da grandi bevute, ed è aumentato anche il consumo di alcol fuori dai pasti. Altro elemento pericoloso perché è evidente che il “fuori” pasto è a tutte le ore del giorno». E per quanto riguarda gli anziani? « Precisiamo innanzitutto che dopo i 65 anni si ridiventa adolescenti, incapaci di metabolizzare completamente l’alcol , con conseguenze e danni più gravi. Detto questo, come è sempre stato, l’alcolismo è più diffuso tra gli uomini che tra le donne di una certa età». «A proposito di donne, va detto — aggiunge però Scafato — che in generale oggi bevono di più: il modello culturale è cambiato. Se vent’anni fa per una donna era considerato “sconveniente” bere alcolici in pubblico, ora per una ragazza bere, meglio se molto, è il modo ideale per mettersi al centro dell’attenzione».
All’alcol sono riconducibili oltre 200 patologie e 12 tipi di cancro
Non esiste un consumo di alcol accettabile? «Per i ragazzi la risposta è no — dice l’esperto —. Per gli adulti i nuovi Larn, la bibbia nutrizionale italiana, hanno ridotto a uno e due bicchieri il livello massimo quotidiano di consumo rispettivamente per le donne e per gli uomini; gli ultrasessantacinquenni non dovrebbero andare oltre un bicchiere al giorno». «All’alcol —sottolinea Scafato — sono riconducibili oltre 200 patologie e 12 tipi di cancro. Non solo l’alcol non nutre ma è un anti-nutriente perché non fa, per esempio, assorbire le vitamine. Ed è ormai ridimensionato il possibile ruolo degli effetti benefici del famoso resveratrolo o dei polifenoli presenti nel vino rosso o nella birra: per ottenere effetti derivanti dal principio attivo bisognerebbe bere cento bicchieri al giorno...». «Dare informazioni valide e oggettive, favorire scelte informate è un dovere — conclude lo specialista —. E se occorre bisogna saper trovare strategie realistiche, considerando che anche una diminuzione graduale dell’alcol può garantire la riduzione progressiva del danno. L’obiettivo resta l’astinenza, ma in alcuni casi è meglio negoziare piuttosto che rischiare di veder fuggire il paziente».