Chi fa abuso di alcol ha sempre meno anni e non beve abitualmente, bensì è incline al «binge drinking », l’equivalente liquido di un’abbuffata episodica ma ricorrente
di Daniela Natali
Tratto Dal Corriere della Sera
Fino a
non molto tempo fa quando si pensava all’alcolista veniva in mente
il
cliché del
vecchio dalla barba sfatta e afflitto dalla cirrosi. Oggi tutto è
diverso.
«Adesso
chi beve non è quasi mai considerato uno “perso”, un “drop out”,
ma
piuttosto un tipo “giusto”, uno che “spacca” come dicono i giovani —
esordisce
Emanuele Scafato, presidente della Società italiana di alcologia e
direttore
dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità —
. E
sono proprio i ragazzi
( ai quali, è bene ricordarlo, l’alcol non dovrebbe essere venduto) a
d aver cambiato la complessità del “mondo liquido”. Non solo si incomincia a bere
alcolici a un’età sempre più precoce, ma si è consolidata una modifica sostanziale
( ai quali, è bene ricordarlo, l’alcol non dovrebbe essere venduto) a
d aver cambiato la complessità del “mondo liquido”. Non solo si incomincia a bere
alcolici a un’età sempre più precoce, ma si è consolidata una modifica sostanziale
del
modello del bere. Il 17% di tutte le intossicazioni alcoliche che giungono
nei
Pronto
Soccorso si registra tra i ragazzi, spesso minori, perfino di soli undici,
dodici anni,
vittime
del «binge drinking», il corrispondente alcolico dell’abbuffata episodica
ma
ricorrente».
La quantità di alcol consumata tra i 16 e
i 25 anni influisce sullo sviluppo del cervello dell’adulto
Ma non
si tratta forse di bravate, non si esagererà con l’allarmismo? «Niente affatto,
—
ribatte Scafato — consumare sei o più bicchieri in poche ore e anche una sola
volta a settimana conduce, al di sotto dei 25 anni, nel giro di poco tempo, a
una riduzione del volume
dell’ippocampo,
parte del cervello deputata all’orientamento e alla memoria.
Il
cervello tra i 16 ed i 25 anni va incontro a un rimodellamento che porta alla
definizione
del
cervello adulto, ma l’alcol consumato in questa “finestra” di massima
vulnerabilità
interferisce
sul suo sviluppo, cristallizzando le modalità cognitive e comportamentali
in
una fase in cui prevale l’attività cerebrale legata all’impulsività e
all’emotività,
tipiche
della gioventù». Perché oggi si inizia a bere così presto?
«I
giovanissimi non bevono in solitudine, per dimenticare i loro guai: la
bevuta
è il
modo per entrare al far parte del gruppo, per sentirsi disinibiti.
E la
sbornia non è quasi mai un incidente di percorso, ma quello che si
cercava.
Difficile
capire quando il bere diventa un problema e per i giovani
è tutto
più rapido e tragico. Alla particolare vulnerabilità, connessa
all’incapacità
di metabolizzare l’alcol, si aggiunge la difficoltà di
“agganciare”
i minori indirizzandoli verso programmi i cui approcci motivazionali
al
cambiamento sono calibrati sugli adulti e fanno leva sull’ affetto per la
famiglia,
i
figli, sulle responsabilità connesse al lavoro».
Cambiamenti nelle modalità di assunzione
degli alcolici
Il
mondo dell’alcolismo è cambiato anche sotto altri aspetti? . «Il consumo
abituale di alcol è meno diffuso, — risponde Scafato — ma questo non deve
rallegrarci perché è salito, e in tutte le fasce di età, quello occasionale,
caratterizzato spesso da grandi bevute, ed è aumentato anche il consumo di
alcol fuori dai pasti. Altro elemento pericoloso perché è evidente che il
“fuori” pasto è a tutte le ore del giorno». E per quanto riguarda gli anziani?
« Precisiamo innanzitutto che dopo i 65 anni si ridiventa adolescenti, incapaci
di metabolizzare completamente l’alcol , con conseguenze e danni più gravi.
Detto questo, come è sempre stato, l’alcolismo è più diffuso tra gli uomini che
tra le donne di una certa età». «A proposito di donne, va detto — aggiunge però
Scafato — che in generale oggi bevono di più: il modello culturale è cambiato.
Se vent’anni fa per una donna era considerato “sconveniente” bere alcolici in
pubblico, ora per una ragazza bere, meglio se molto, è il modo ideale per
mettersi al centro dell’attenzione».
All’alcol sono riconducibili oltre 200
patologie e 12 tipi di cancro
Non esiste
un consumo di alcol accettabile? «Per i ragazzi la risposta è no — dice
l’esperto —. Per gli adulti i nuovi Larn, la bibbia nutrizionale italiana,
hanno ridotto a uno e due bicchieri il livello massimo quotidiano di consumo
rispettivamente per le donne e per gli uomini; gli ultrasessantacinquenni non
dovrebbero andare oltre un bicchiere al giorno». «All’alcol —sottolinea Scafato
— sono riconducibili oltre 200 patologie e 12 tipi di cancro. Non solo l’alcol
non nutre ma è un anti-nutriente perché non fa, per esempio, assorbire le
vitamine. Ed è ormai ridimensionato il possibile ruolo degli effetti benefici
del famoso resveratrolo o dei polifenoli presenti nel vino rosso o nella birra:
per ottenere effetti derivanti dal principio attivo bisognerebbe bere cento
bicchieri al giorno...». «Dare informazioni valide e oggettive, favorire scelte
informate è un dovere — conclude lo specialista —. E se occorre bisogna saper
trovare strategie realistiche, considerando che anche una diminuzione graduale
dell’alcol può garantire la riduzione progressiva del danno. L’obiettivo resta
l’astinenza, ma in alcuni casi è meglio negoziare piuttosto che rischiare di
veder fuggire il paziente».